LA PROFESSORESSA TROTULA
Poco dopo l’anno Mille, a Salerno nasce la prima vera facoltà di medicina della gloria. Fra i suoi massimi rappresentanti c’è lei, la più illustre delle “medichesse”
di Valentina Murelli Rivista MERIDIANI
Prendete delle radici di vite bianca, pulitele bene, tritatele e fatele seccare. Sciogliete la polvere ottenuta in acqua di rose; imbevetene uh telo di lino e passatelo sul viso che, da pallido e bianco, diventerà di un piacevole colore rosato.
Oggi i consigli di cosmesi naturale e fai-da-te vanno molto di moda. Questa però non è l’ultima novità per fabbricarsi un gradevole sostituto della cipria, bensì una ricetta vecchia di almeno mille anni. E nel trattato che la contiene, il De ornatu mulierum (cioè sulla cosmesi delle donne), ce ne sono molte altre, piccoli trucchi di bellezza femminile: resina di conifere per la depilazione, latte di capra per rinforzare i capelli, mirto o avena per tingerli, polvere di marmo per sbiancare i denti, nasturzio contro le rughe. E il compendio ha una firma ben precisa: quella di Trotula de Ruggiero, considerata una delle prime donne medico al mondo e tra le più note rappresentanti dell’illustre Scuola medica salernitana.
Dunque siamo a Salerno, poco dopo l’anno Mille, proprio mentre la città cambia padrone, passando dal regno longobardo a quello normanno. Le fonti storiche parlano di un luogo splendido, di una ricchezza straordinaria, con frutteti, vigne e palazzi affacciati sul mare e con un porto che lo rende florido centro di commerci e crocevia di popoli e culture: greca, latina, bizantina, araba, ebrea. Insieme con le merci, fra le quali piante e spezie con proprietà terapeutiche, circolano anche i medici: «In realtà, nel mondo antico i medici si spostavano seguendo i traffici mercantili», spiega Valentina Gazzaniga, professore ordinario di Storia della medicina all’ Universìtà degli Studi di Roma, “La Sapienza”, «inevitabile quindi che si concentrassero proprio a Salerno».
Nasce così la Scuola medica. Niente di istituzionale e di formalizzato, non un’antenata delle università attuali ma un’estesa comunità di “professionisti” che si tramandano il sapere di padre in figlio o, al massimo, da maestro ad allievo o a gruppo di allievi. La leggenda cita qualche nome: si parla di quattro fondatori con origini differenti, il latino Salernus, il greco Pontus, l’arabo Adela e l’ebreo Helinus. «Il riferimento è al fatto che a Salerno s’incontrarono le quattro correnti fondamentali del pensiero medico antico», precisa Gazzaniga.
Non c’è nessun ingrediente segreto nella ricetta della Scuola di Salerno, tutti sono già noti da tempo. Da una parte c’è la teoria, con gli insegnamenti dei greci Ippocrate e Galene e del persiano Avicenna. La cornice è quella dei quattro umori: il sangue, caldo e umido come l’aria; il flegma, freddo e umido come l’acqua; la bile gialla, calda e secca come il fuoco: la bile nera, fredda e Secca come la terra. Il loro equilibrio garantisce la salute: se però esso sì rompe, insorge la malattia, da curare con indicazioni e rimedi vari che hanno proprio il compito di rimettere in riga l’umore alterato.
Alla teoria si aggiunge quindi l’esperienza pratica di chi faceva il medico “sul campo”. Il primo grande merito della Scuola salernitana è proprio di aver raccolto e unito questi due rami del sapere: poi, a poco a poco, sono venuti anche i commenti, le critiche, gli approfondimenti.
Il risultato è un’imponente serie di trattati sugli argomenti più disparati, dall’utilizzo delle piante medicinali all’analisi del polso e delle urine, veri e propri strumenti diagnostici dell’epoca.
Lo raccontano bene le preziose miniature presenti nei codici, documento importantissimo per il lavoro degli storici. Molte mostrano un medico pensieroso mentre valuta le pulsazioni
di un paziente: e chissà se – come si dice allora – saranno state “martelline” cioè secche e precise, oppure “caprine” (irregolari come il salto di una capra), “ondose” (fluttuanti) o “vermicolari” (sinuose e impercettibili). In altre miniature il medico tiene in mano, sollevato verso l’alto, un bicchiere contenente le urine del malato e le studia con occhio attento.
È in questa comunità che, almeno secondo la leggenda, operava dunque la famosa Trotula (o Trota) de Ruggìero, forse moglie del medico Giovanni Plateario e madre di altri due medici, grande esperta di malattie e questioni femminili (mestruazioni e menopausa, parto e puerpuerio), di sessualità ef. fertilità; ma anche di cosmesi, nella convinzione che la bellezza fosse segno di un corpo sano e in armonia con l’universo.
Oltre al manuale di cosmetica, a lei si attribuiscano altre opere e in particolare il De pasfionibus mulierurm curandarum, sulla’cura delle malattìe femminili. Verità storica o trasfigurazione? Difficile rispondere. «Quello che sappiamo è che di sicuro a Salerno erano ‘attive molte donne esperte di medicina e che gli insegnamenti erano aperti anche a loro: si parla espressamente di mulieres salernitanae, depositarle di saperi pratici legati soprattutto, ma non solo, alla cura delle altre donne», racconta Gazzaniga. «Inoltre, sappiamo che Trota, con il suo diminutivo, era un nome molto comune all’epoca nell’Italia del Sud e alcune fonti citano espressamente una Trota medichessa. Tuttavia è arduo stabilire se questa donna abbia davvero scritto alcune delle opere attribuite a Trotula. È probabile di no, anche se è possibile che almeno una, quella sulle malattie femminili, faccia comunque esplicito riferimento all’attività della medichessa e alla sua pratica».
È certo in ogni caso che Trotula, chiunque fosse, era in ottima compagnia. Tra l’XI e il XIII secolo, la Scuola di Salerno è al massimo della gloria e alcuni suoi medici entrano di diritto nella storia. Costantino l’Africano, per esempio, che ebbe il merito di far conoscere in Occidente la scienza araba. Il vescovo Alfano I, grande esperto, di pulsazioni, e lo spagnolo Arnaldo Da Villanova, al quale si deve il commento completo del Regimen sanitatis salernitanus. E ancora Matteo Silvatico, medico personale del re di Napoli Roberto d’Angiò, che si occupava soprattutto di piante medicinali e che diede forma a uno dei primi orti botanici della storia, quello che oggi a Salerno ha nome di Giardino della Minerva. E poi Ruggero Frugardo, uno dei primi a formalizzare le norme della chirurgia. Mancavamo disinfettanti, antisettici e anestetici, non si potevano certo aprire allegramente scatole craniche e gabbie toraciche, ma nei trattati salernitani si parla già di suture, del trattamento di ernie e addirittura di chirurgia oculistica: già allora, l’asportazione di cataratta era (quasi) routine.
Practica chirurgiae terapia per la schiena
Practica chirurgiae intervento agli occhi
Practica chirurgiae Ruggero Frugardo
Cornice teorica dei quattro umori – Giardino della Minerva di Salerno
Illustrazione dal manoscritto attribuito a Trotula De Ruggerio – Francobollo dedicato alla scuola medica Salernitana nel 2007
Miniature risalenti riguardanti secreta salernitana
Miniature risalenti riguardanti secreta salernitana raccolta delle cliegie
Regole di lunga vita
Narra la leggenda che, di ritorno dalla Terrasanta con un braccio ferito da una freccia avvelenata, il duca di Normandia Roberto II si fermò a Salerno perle cure. Secondo i medici, poteva salvarsi solo se qualcuno gli avesse succhialo via il veleno, rimettendoci però la propria vita: lo fece la moglie Sibilla. Alla partenza al duca fu donato il “Regimen sanitatis salernitanum “. Già i primi versi tracciano con chiarezza lo stile di vita da seguire: “Se vuoi stare bene, se vuoi vivere sano, scaccia i gravi pensieri, l’adirarti ritieni dannoso. Se questi precetti fedelmente Osserverai, tu lungo tempo vivrai.
- Bevi poco, mangia sobriamente: non ti sia inutile l’alzarti dopo pranzo.
- Fuggì il sonno del meriggio.
- Non trattenere l’orina né comprimere a lungo il lontre.
- Se ti mancano i medici, siano per te medici queste tre cose: l’animo lieto, la quiete e la moderata dieta “.
Un lento declino
Dal!‘XI al XIV secolo: tanto dura, all’incirca, il perìodo d’oro della Scuola medica salemitana: dopo è un lento declino, parallelo a quello di Salerno. È proprio durante questa decadènza, tuttavia, che l’insegnamento e la pratica della medicina in città acquistano una struttura, più rigida. Nascono una Scuola, in cui spengono lezioni di medicina, teologia, filosofia e diritto, e un Collegio, di medici, con la facoltà di conferire la laurea in medicina e filosofia. Tutto finisce nel 1811, con un decreto regio di Gioacchino Murat che attribuisce alla sola Università di Napoli la possibilità di rilasciare le lauree.
Foto:
# immagini tratte dalla “Pratica chirurgiae” di Ruggero Frugardo, medico della Scuola salernitana vissuto a metà del XIII secolo. Nei quattro libri si descrivono tecniche motto avanzate.
# un intervento chirurgico agli occhi. # una terapia per le schiena.
# Ci si occupava anche di lesioni viscerali, trapanazione del cranio, sutura dei vasi sanguigni con fili di seta. #la cornice teorica dei “quattro umori” che nel Medioevo si riteneva regolassero la salute umana: la malattia corrispondeva a uno squilibrio fra loro.
# il Giardino della Minerva oggi, nel centro storico di Salerno. Veniva usato per la coltivazione di piante medicinali da sperimentare.
# la Scuola salernitana in un’edizione del XIV secolo del “Canone di medicina”, opera del medico persiano Avicenna.
# due miniature risalenti alla fine del XIV secolo,, riguardanti i cosiddetti “secreta salernitana”, ormai diffusi in tutta Europa: due giovani che discutono per la prima volta d’amore e la raccolta delle ciliegie a scopo medicinale.
# una illustrazione dal manoscritto attribuito a Trotula de Ruggiero “De passionibus mulierum ante et post partum”; il “De ornatu mulierum” in una edizione cinquecentesca;
# il francobollo dedicato alla Scuola medica salernitana nel 2007.
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