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Enografia,  vini e cantina

Brachetto, vino morbido

Nel repertorio  dei vini italiani importanti, una posizione di rilievo spet­ta al Brachetto d’Acqui, o più  semplicemente Acqui, vino che festeggia il decennale della Docg acquisita nel 1996. Assieme ad altri vini quali l’Asti e Moscato d’Asti, l’Albana di Romagna, il Ramandolo e il Recioto di Soave, ora fa stabilmente parte della eletta schiera dei vini da dessert al vertice   della  piramide   qualitativa della Penisola.

Uscito a pieni voti dall’ambito regio­nale, questo buon vino, disponibile nelle due tipologie rosso e spumante rosso, va conquistando sempre nuo­vi proseliti. Tanto più che adesso nessuno discute il suo sapore dolce, morbido e delicato, poiché sono fi­niti di gran lunga i tempi dell’ostra­cismo decretato a qualsiasi vino che non fosse secco.

E  pensare che il Brachetto, figlio di  un’uva  di bassa  resa  per ettaro, difficile da coltivare, ha corso seri rischi di scomparire, tra­volto da pregiudizi ostili, dimentichi di un passato glorioso.

II suo territorio di produzione, in epoca   romana,   venne   chiamato l’Ager aquensis. Era disseminato di ville patrizie, affiancate da piccole ma   confortevoli  case.   Al  dire   di Sant’Ambrogio, vescovo  di  Mila­no, queste dimore furono abitate da rurali quodam la­bore,  contadini per ragioni di la­voro. E costoro, in buona  parte  vignaioli,   andavano giustamente    fieri del  loro  Vinum Aquensis.

Nell’Ottocento, il Brachetto era un vino scelto e costo­so che si beveva alla corte dei Sa­voia, affiancato al Barolo, allo Champagne e ai vini della Cote d’Or della Borgogna.

Giorgio Gallesio, ai primi del­l’Ottocento, così esprimeva il suo giudizio sul Brachetto: “È un’uva gentile che si impiega unicamente per comporre un vino liquore, il quale riesce squisito e rende celebre il contado di Nizza, ma che si fa in poca quantità”.

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Difatti, su suggerimento dell’enolo­go Louis Oudart, il conte Camillo Benso di Cavour mandò il fattore delle sue tenute di Grinzane a San Damiano d’Asti ad acquistare delle potase (innesti) di “Brachet”.

Invece, all’inizio del Novecento, comincia l’era del Brachetto d’Acqui, tratto dall’uva aromatica, la quale conferisce al vino un sapore che sotto certi aspetti può ricordare il Moscato. Vino di nicchia, vive un deciso risveglio verso gli anni Sessanta, quando Arturo Bersano realizza un pregevole Brachetto spu­mante. Oggi la versione spumante ha molto successo ed è assai richiesta: la realizzano a regola d’arte diversi produttori.

Un punto  di riferimento per saperne di più sui produttori e sulla storia del Brachetto è l’Enoteca regionale di Acqui Terme.
Ha  sede  nelle  antiche suggestive cantine di Palazzo Robellini, maesto­sa dimora di origi­ne medioevale. Vi sono esposti vendita tutti i tipi di vini Docg e Doc del Piemonte, con particolare riferi­mento al Brachet­to e al Dolcetto d’Acqui.

Al piano superiore c’è un interessante museo e sa­le   dove spesso si tengono mostre e con­vegni.

Proprio all’Enoteca regionale di Acqui Terme, nel corso di sedute di analisi comparate, gli esperti di ana­lisi sensoriale, oltre al geraniolo, hanno individuato nel Brachetto un ricco repertorio di aromi. Si va dalla rosa leggermente appassi­ta alla viola, dalla salvia al timo, fino agli agrumi. Riconoscibili, inoltre, la confettura, l’amarena, la prugna, la ciliegia, l’albicocca, il lampone, il sottobosco e la pesca matura. Nel sapore di questo singolare vino sono, poi, presenti due componenti, una dolce e l’altra acida che fa da contraltare, che creano un’armonia davvero piacevole.

Brachetto & Cioccolato

Recita un proverbio piemontese: “L’vin e la taula a fan parlè” (il vino e la tavola fanno parlare) . Ebbene, il Brachetto fa anche cantare, perché il suo sapore, pieno e armonico, ha la vivacità e la freschezza degli impulsi giovanili. Se lo si versa nel calice a tulipano (il tranquillo) o nella flùte (lo spumante), attrae subito lo sguardo con il suo colore di puro rubino.

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Grazie alla sua versatilità, il Brachetto si presta a molteplici impieghi.

Ad esempio, dona rilievo alle pesche ripiene alla piemontese in cui entra il cioccolato. Accompagna in maniera deliziosa i “cuneesi al rum”, trionfo di cioccolato al liquore; poi gli “albesi”, amaretti con copertura di cioccolato e nocciole. La versione spumante esalta i brindisi dove si impone il cioccolato, come nel caso del celebre bunet. Senza contare gli “africani”, i vari “baci” e i generosi “tortiglioni al cioccolato”.

da Voglia di Cioccolato HACHETTE

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