Vermut, una gloria italiana
Vini, liquori & cioccolato
Onde evitare confusioni, la prima distinzione da fare, per rendere edotto il consumatore, è quella di dire che il vermut è un vino “aromatizzato” e non un vino liquoroso o addirittura un liquore. In ogni caso, la base del vermut, chiamato anche vermouth alla francese, è costituita da un vino bianco genuino di eccellente qualità. In Italia, di solito proviene dal Meridione, specie Puglia e Sicilia, regioni dove si producono vini bianchi di accentuata personalità adatti allo scopo. Quanto agli aromi presenti, si tratta di una trentina di ingredienti naturali, come il coriandolo, i fiori di sambuco, l’angelica, la noce moscata e i chiodi di garofano. I vermut maggiormente diffusi sono di 4 tipologie: bianco, rosso, chinato e dry. Di solito il colore, quando è presente, viene dato dal caramello o dalla china rossa.
Da ricordare, inoltre, che il nome di questo vino speciale deriva dal vocabolo Wermut, termine che in tedesco significa assenzio. Ma attenzione: adesso l’erba della famiglia delle Composite viene utilizzata in dosi davvero minime, non più di 6-7 milligrammi per litro. Sono ormai remoti i tempi in cui il vermut veniva chiamato “vino d’assenzio”.
Come prodotto industriale, il vermut venne creato a Torino, nel 1786, con una formula allora segreta, messa a punto da Antonio Benedetto Carpano. Era basato sul vino Moscato d’Asti, aveva colore ambrato, con gusto di vaniglia. Fu battezzato Punt e Mes, per sottolineare che aveva un punto di dolce con l’aggiunta di mezzo punto d’amaro. Tuttora la Carpano è autorevolmente presente sul mercato con tre vermut: il Bianco Carpano, il classico e proprio il Punt e Mes.
Il Piemonte resta il regno indiscusso dei produttori di vermut, a cominciare da Martini (bianco, dry e rosso), Gancia di Canelli, Cora, Cinzano, Bergia e Bosca. Il tenore alcolico dei vermut, di solito, varia dai 16° ai 18°, soltanto di rado arriva sino a 20°. Il vermut di tipo bianco normale ha un sapore leggermente amabile, invece il bianco dry è molto secco e di alcolicità piuttosto pronunciata.
Oltre ad Antonio Carpano, citato sopra, sono stati parecchi gli agguerriti e capaci specialisti che hanno fatto assumere a Torino il ruolo di indiscussa capitale del Vermut.
Tanto per fare un esempio, già nella prima metà del Seicento, l’erborista piemontese Alessio, autore di un saggio intitolato “Secrets du signeur Alexis”, edito a Lione, ebbe parecchia fortuna con la sua ricetta del “vino all’assenzio”, specialità poi diffusa non solo in Francia ma anche in Baviera.
Certo, la grande disponibilità di Moscato e la vicinanza delle Alpi e delle Prealpi, dove è agevole raccogliere un gran numero di erbe aromatiche, costituirono i fattori determinanti dello sviluppo di questo vino particolare, assieme alle capacità dei vermuttisti piemontesi, nella nostra epoca aiutati anche da cartellonisti famosi, come Armando Testa.
Ma già nel lontano 1678 il medico bolognese Leonardo Fioravanti, cattedratico della città “dotta” scriveva : “Facilita la digestione, pulisce il sangue, tranquillizza il sonno e conferisce un sano colorito alla pelle. Il suo gradevole amarognolo eccita le funzioni biliari, stimola il fegato, permette ai reni di lavorare meglio e rallegra lo spirito”.
Troppa grazia Sant’Antonio, a noi basta sapere che l’odierno vermut è un vino assolutamente speciale e moderatamente aromatizzato. E in tal caso, si può bere come aperitivo, liscio o con selz, poi entra nella composizione di numerosi cocktails, alcuni dei quali molto famosi come il Martini dry, uno dei prediletti da Hemingway.
Ma ci sono anche i long drinks e qui sopra ecco interessanti proposte di abbinamento con il cioccolato. Per gli amanti delle statistiche, diamo questi dati: Italia e Francia sono i Paesi che producono ed esportano i maggiori quantitativi di vermut. Al comando resta l’Italia con 1.110.000 ettolitri per un valore di 200 milioni di euro.
Vermut & Cioccolato
Qui bisogna avere il coraggio di andare contro usanze stratificate che inchiodavano il vermut prima all’aperitivo e poi ai cocktails, senza mai spostarlo ad altre occasioni dove può ben figurare. L’appassionato di accostamenti che disdegna di restare in poltrona con coperta e pantofole, ora ha l’ occasione di fare inedite scoperte. In questo modo: tira fuori dalla cristalliera un bel calice a tulipano non troppo slanciato, quello che adoperano anche gli assaggiatori di professione. Lo riempie a metà, con vermut di tipo consono al dolce al cioccolato prescelto.
Ad esempio: un bianco con i “montblanc” con grani di cioccolato fondente. Un Punt e Mes con determinante presenza di cioccolato amaro. Roba da fini intenditori la degustazione pura di tavolette di cioccolato (fondente, al latte, bianco, alle nocciole) con il vermut più congeniale. È questa una curiosa ricerca da provare a proporre agli amici per divertirsi e stare in compagnia.
Tratto da Voglia di Cioccolato HACHETTE