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Cioccolato,  Dolci antichi

La storia del cioccolato

Dalle origini a Cortes

Dal 4000 a.C. al 1519, quando Cortes incontrò Montezuma e il cacao

La storia del cioccolato ha origini antichissime. L’albero del cacao cre­sceva spontaneo addi­rittura 4000 anni pri­ma di Cristo, nel baci­no  dell’Orinoco  e  del  Rio  delle Amazzoni. – Articolo da Voglia di Cioccolato HACHETTE

I primi a coltivarlo furono proba­bilmente   i  Maya  nello  Yucatàn intorno al XVII secolo a. C. Non solo: i semi di cacao venivano da loro utilizzati come monete e si narra perfino che i principi del­l’impero richiedessero alle città dei   tributi   di   cacao.   Questa imposta e le conseguenti rivolte contadine   furono   forse   una delle cause della caduta del­l’impero   Maya  nel  X  secolo d.C. e della scomparsa di que­sta civiltà, fatto che rappresen­ta uno dei più grandi misteri della storia.

In alto, l’incisione di un guerriero Maya con la sua cioccolatiera e un albero del cacao. A destra , lo sbattitore per montare la cioccolata che ancora si può trovare nei mercati messicani. In basso, Cristoforo Colombo

Sul territorio della civiltà decadu­ta e precisamente a Chichén, si sta­bilirono un gruppo di Toltechi, cac­ciati dalla loro capitale Tollan (l’o­dierna Tuia) in seguito a un colpo di stato. Re dei Toltechi era Topiltzin Quetzalcóatl, capo politico e religioso e uomo di pace. Qui la storia si intrec­cia con la leggenda tramandata dagli Aztechi (che dominarono in seguito i Toltechi)  che  racconta  come  il re Quetzalcóatl si trasformò nel dio azteco chiamato Serpente Piumato.

Quetzalcóatl, malato, bevve una miste­riosa pozione che invece di guarirlo lo fece impazzire spingendolo a fuggire dal suo regno fino a raggiungere la costa orientale dove salì su una zattera di serpenti intrecciati. Ma prima di partire Quetzalcóatl promise che un giorno avrebbe fatto ritorno nello stesso luogo da dove era partito giun­gendo dal mare, per riportare agli uomini i tesori del paradiso e per riappropriarsi  del suo  regno.   E questo  sarebbe  avvenuto in un anno posto sotto il segno Ce-acatl (della canna).

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Dagli Aztechi nacque anche un’al­tra suggestiva leggenda sull’origine del cacao: una principessa, mentre il suo sposo era partito per difen­dere l’impero, si fece uccidere dai nemici pur di non rivelare il luogo dove erano custodite le ricchezze del regno. Dal suo sangue nac­que la pianta del cacao con i frutti   che   racchiudono   un tesoro di semi amari come la sofferenza, forti come la virtù e rossastri come il sangue. La pianta del cacao  fu così il dono  del dio  Quetzalcóatl alla fedeltà della sposa pagata con la morte, la stessa fedeltà che legava i sudditi del vastissi­mo impero azteco all’imperatore.

la “svista” di colombo: una scoperta mancata

Se finora la storia si confonde con la leggenda, quel che è certo è che nel 1502, al quarto e ultimo viaggio nelle Indie, Cristoforo Colombo sbarcò nelle terre dell’Honduras. Qui gli ven­nero offerti dei semi di cacao e la bevanda ricavata da essi. Con il dovu­to rispetto per la civiltà azteca e per l’origine divina che le attribuivano, la cioccolata di quei tempi doveva esse­re veramente cattiva. Tanto che Colombo, che di scoperte se ne intendeva, questa proprio se la fece sfuggire e tornò in patria senza portare con sé quel “tesoro” azteco. Diciassette anni più tardi, nel 1519 (anno Ce-acatl nel calendario azteco, proprio come profetizzato dall’antica leggenda), Hernàn Cortes giunse dalla Spagna per conquistare la Nuova Terra.

CORTES E IL RITORNO DEL SERPENTE PIUMATO

Quando nel 1519 Montezuma, im­peratore degli Aztechi, venne infor­mato dell’arrivo di una flotta di undici navi guidata da uomini dalle armature metalliche che brillavano al sole come le squame di un ser­pente, non ebbe un attimo di esita­zione: il ritorno del Serpente Piu­mato, pensò. Ed accolse con i dovu­ti onori il divino Quetzalcóatl, che altri non era se non il conquistatore Hernàn Cortes, venuto nelle Indie per saccheggiare e distruggere il suo regno. L’ imperatore offrì i redditi di una piantagione di cacao i cui semi venivano utilizzati come moneta.

Sopra, un affresco di Diego

Rivera degli inizi del ‘900 che raffigura l’offerta del cacao

all’imperatore azteco.

sotto Montezuma e,

Cortes. In basso, da un antico

documento spagnolo, Cortes

ricevuto a Tlaxala

A differenza di Colombo, Cortes capì immediatamente l’importanza econo­mica che questi semi dovevano avere. Fece più fatica a capire la passione del popolo azteco per la bevanda ricavata da quei semi: una brodaglia schiumo­sa di cacao e pepe lungo (il peperon­cino), ritenuta afrodisiaca, di cui Montezuma arrivava a consumarne anche 50 tazze al giorno. Il sapore non doveva essere tanto adatto ai palati occidentali, tanto che un botanico italiano, Girolamo Benzoni, arrivò persino a descriverla come “beveraggio più da porci che da huomini”. Ma procediamo con ordi­ne: Cortes, dopo aver raso al suolo una delle più grandi civiltà mai cono­sciute, fece ritorno in Spagna nel 1528 portando con sé quei semi della pianta del cacao, ignaro della fama e del successo che avrebbero riscosso nel Vecchio Continente.

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