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Cucina naturale,  Formaggi

La mozzarella Il latte La preparazione

In una scena del famosissimo Ladri di biciclette, diretto da Vittorio De Sica nel 1948, c’è una simpatica gara ‘gastronomica’ tra il piccolo protagonista Bruno e un suo coetaneo, che consiste nel far ‘filare’ il più a lungo possibile una… mozzarella in carrozza, classica specialità napoletana famosa quasi quanto la pizza, che trova appunto nella mozzarella un insostituibile ingrediente.

Ma questo è solo uno dei tanti saporitissimi e ‘sfiziosi’ piatti che hanno come ingrediente fondamentale la mozzarella: cosa sarebbero, infatti, la pizza Margherita o l’insalata alla caprese o ancora i supplì al telefono senza questo liscio, delicato e spugnoso formaggio?
Di solo latte di bufala, come seppur di rado è ancora possibile trovare, o più comunemente di latte vaccino, la mozzarella costituisce inoltre un ottimo formaggio da tavola, perfettamente in linea con le tradizioni casearie del nostro paese.

La mozzarella è uno tra i formaggi che più fa pensare all’ingrediente d’origine: il latte. Pochissimi sono coloro che non conoscono la mozzarella e grazie anche alla pizza, di cui è ingrediente insostituibile, la sua fama non conosce confini.
Questo delizioso formaggio viene dal Meridione e precisamente dalla Campania, dal Lazio e dalla Puglia. In origine la mozzarella veniva fatta con solo latte di bufala ed ancora così dovrebbe essere, ma la scarsa quantità di latte di questo tipo in relazione alla richiesta di mozzarella porta inevitabilmente all’impiego di latte vaccino.

Le bufale non solo sono piuttosto scarse sul territorio italiano (giunte a noi dall’India e dall’Africa, popolano unicamente il paesaggio di alcune zone del Meridione) ma creano problemi al momento della mungitura. La bufala, infatti, non si lascia mungere se non alla presenza del suo bufalino che, vivendo con altri in un recinto separato dagli adulti, viene chiamato dal ‘buttero’ con una nenia: infatti ogni bufalino non possiede un nome, bensì una nenia personale nota anche a mamma bufala, che attrae madre e figlio contemporaneamente nel luogo della mungitura.

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Ma vediamo come si procede alla preparazione delle mozzarelle. Il latte viene versato in calderoni da 10 ettolitri e portato a 35° C di calore o con fiamma diretta oppure, nei caseifici più attrezzati, con serpentine di vapore acqueo.
Giunto alla temperatura richiesta, il latte riceve il caglio liquido. Quindi si mescola e lo si lascia riposare per 40 o 50 minuti.
Raggiunta la consistenza voluta, si rompe la cagliata e si lascia decantare il tutto per 4 o 5 minuti. Si toglie allora il siero o manualmente o mediante pompe con filtro e si lascia fermentare la pasta per 3 o 4 ore, a seconda della stagione, in un grande recipiente chiamato ‘tino’.

Raggiunta la fermentazione ottimale, che si riscontra con una prova di cottura, si taglia a grandi pezzi la massa, la si raccoglie e la si deposita sugli appositi tavoli leggermente inclinati, per far fuoruscire una gran parte di siero. Poi si taglia questa massa a fette e ogni fetta viene sbriciolata a mano, oppure passata in una apposita macchinetta trinciante.

Di’ solo latte di bufala o più facilmente di latte vaccino, a ‘bocconcini’ o a ‘trecce’, come formaggio da tavola o ingrediente di numerosi e saporiti piatti, la mozzarella va d’obbligo gustata freschissima, fatta naturalmente eccezione per la ‘variante’ affumicata.

I pezzetti così ottenuti vengono passati, a 15 o 20 chilogrammi per volta, in un recipiente e sopra si versa dell’acqua bollente, a 90 o a 100° C. A mano a mano che ‘cuoce’ la pasta viene a galla, raccogliendosi in grumi. Si toglie a questo punto una parte dell’acqua e con un bastone si rigira la cagliata energicamente sino a farla ‘filare’.

Il ‘caciaro’ riconosce al tatto e con piccoli stiramenti di pezzetti di pasta l’esatto punto di ‘filatura’ e allora viene tolta tutta l’acqua, anche per intiepidire la pasta che, ancora molto calda, viene tolta dal mastello a pezzi di circa uno o due chili.
Un caciaro prende un pezzo di pasta e lo porge a un altro lavorante, il quale ne stacca il quantitativo necessario a formare una mozzarella. Con un gesto rapidissimo ‘mozza’, cioè taglia la pasta con le mani e, immediatamente, la modella: ed è così appunto che nasce il nome ‘mozzarella’.

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A lavorazione ultimata le mozzarelle vengono immerse in una salamoia più o meno salata: sarà più saporita per il gusto meridionale, più leggera per i settentrionali. Allorché sono pronti, i formaggi vengono avvolti in fogli di carta pergamena, poi immersi in un recipiente pieno della stessa acqua di lavorazione, leggermente scremata ed un pochino inacidita, e spediti ai rivenditori.

La mozzarella deve essere consumata freschissima per poterne apprezzare al meglio le qualità: secondo gli esperti va conservata, nel suo liquido e a temperatura ambiente, per due giorni al massimo. Trascorso questo tempo, non resta più niente della squisitezza iniziale.

venditore ambulante di mozzarelle in un dipinto anonimo del sec. XVIII conservato al Museo di San Martino a Napoli.

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