Canova Sculture dei Musei Civici Padova
In data 10 febbraio 1776 i Presidenti del Prato pubblicavano un decreto contenente una serie di precisi dispositivi per le statue fondati su principi di omologazione. “Chiunque il proprio nome avesse voluto affidare a futura memoria, avrebbe potuto offrire una statua, sebbene a condizioni inderogabili: la richiesta alla Presidenza e l’ottenimento di un permesso scritto, subordinato al giudizio favorevole di persone erudite; posto che le immagini dovranno riferirsi a personaggi (e son esclusi i santi) appartenenti alla gloria di Padova, e valer come ammonimento educativo della sua storia, esse dovranno altresì essere plasmate in un sol pezzo di pietra e obbedire alle dimensioni già prestabilite, così come è già stata fissata la forma omogenea dei piedistalli e calcolata la distanza tra ciascun elemento” (PUPPI 1986, p. 128).
Articolo da: Dal Medioevo a Canova MARSILIO EDITORI
Sculture dei Musei Civici di Padova dal Trecento all’Ottocento
ANTONIO CANOVA
(Cavaso di Possagno, Treviso, 1757 – Venezia, 1822)
Giovanni Poleni
Inv. 446
Pietra tenera, 250
Iscr sulla base: MARCHIONI IO. POLENIO P.P. Inv. 446: Antonio Canova
Prov. Padova, Prato della Valle; Padova, Museo Civico, 1963 (?)
Ref. Fot 12769, F
Quanto invece alla scelta dello scultore cui affidare il lavoro, essa era libera; sicché si trovano in Prato opere di personalità artistiche diverse, anche se nel loro complesso esse costituiscono un insieme perfettamente coerente con la lucida progettazione del Memmo.
All’olimpo padovano di civiche virtù fù ammessa, unica eccezione, anche l’effigie di un personaggio ancora in vita, quella del “sommo” Canova. Le 78 statue di nomi illustri vennero, come è noto, innalzate a formare il doppio recinto alla canaletta dell’isola in un tempo relativamente breve (1838).
Nel corso degli anni e per ragioni diverse alcune furono rifatte. È il caso di quella dedicata al celebre matematico Giovanni Poleni (1683-1761). La scultura venne infatti ricoverata in Museo e sostituita nel 1963 da una copia a opera di Luigi Strazzabosco.
L’opera fu realizzata dal giovane Canova tra il 1779 e il 1780. Essa fu commissionata, come già indicato nella scheda precedente (cat. 192), dal patrizio veneziano Leonardo Venier, in onore di colui che era stato il suo maestro nello studio patavino, come ricorda anche l’iscrizione incisa sul piedistallo:
MATHEMATICO PRECLARISSIMO / LEONARDVS VENERIVS P.V./PRAECEPTORI SVO/GRATO ANIMI
MONVMENTVM / P. “.
Quanto alle frequentazioni di Canova in quegli anni e alla cerchia dei primi committenti ed estimatori già si è detto brevemente nella scheda dedicata all’Alvise Valaresso (cat. 192), commissionato a Canova solo un anno prima dalla marchesa Ernestina Stahrenberg Spinola, residente a Venezia.
Aggiungeremo soltanto che, come afferma Romanelli (1992, p. 56), “se pure il rapporto con Venezia e con il Veneto (certo non in termini linguistici) rimane una traccia obbligata e ineludibile nello svolgimento dell’intero percorso artistico canoviano”, “con il Dedalo e Icaro e, in tono minore, con il Giovanni Poleni del Prato della Valle” si chiude “un capitolo importante della vita dell’artista”.
Mutando la consuetudine instauratasi nell’impresa del Prato, lo scultore non raffigura l’illustre professore in abiti contemporanei preferendo interpretarlo come un uomo di scienza dell’antichità, drappeggiato con un pallio, il busto ignudo, allo scopo – si è già osservato per il Valaresso – di eternarne le qualità Intellettuali e morali ( PAVANELLO 1976, p. 91, n. 17).
Gli sta accanto, a sottolinearne il ruolo di scienziato e teorico dell’illuminismo veneto, una “macchina” di sua invenzione progettata per risolvere le controversie sulle forze vive tra leibniziani e cartesiani.
Anche quest’opera verrà da Canova, per così dire, ripudiata in una lettera scritta al Falier nel 1793: “la lavorai prima di venire a Roma ed è cattiva come tutte le altre” (Ibidem p. 91, n. 17). E la critica ne ha ripetutamente messo in luce il notevole impaccio dovuto al “contrasto tra il carattere scopertamente ‘settecentesco’ del volto e il classicismo programmatico della figura” in virtù del quale “l’opera risulta una sorta di pastiche dell’antico” (Ibidem p. 91, n. 17).
Al carattere in un certo qual modo artificioso dell’opera ha certamente contribuito non poco il fatto che il lavoro fu interrotto a causa della partenza per Roma dell’artista nel l’ottobre del 1779. Quando venne ripreso nel giugno dell’anno seguente, all’epoca del rientro a Venezia, nuove esperienze come la frequentazione del Giove Ludovisi avevano segnato profondamente l’immaginazione dello scultore. La statua subì pertanto un radicale mutamento nel panneggio, da quello direttamente derivato.
Dell’opera si conserva un disegno preparatorio di proprietà del Museo Civico di Bassano, pubblicato da Giuseppe Pavanello nella più volte citata monografia del 1976 dedicata a Canova (fig. 171, p. 91).
Anche la statua del Poleni è stata restaurata in vista dell’esposizione a cura dell’Istituto Veneto per i Beni Culturali (1998-1999).
Bibliografia: NEUMAYR 1807, p. 250-260; DE MARCHI 1855, p. 176; RONCHI I922, p. 164;
CHECCHI , GAUDENZIO , CROSSATO I961, p. 166; SEMENZATO I966, p. 7O ; SCORZON I975, p. I34; PAVANELLO 1976, p. 91, n. 17 (con bibliografia);
PUPPI 1986, p. 171; VICARIO 1990, p. 172; APOLLONI 1992, p. IO ; PAVANELLO I992, p. 46; ROMA – NELLI 1992, p. 53; VICARIO 1994, p. 249-250.
Franca Pellegrini