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L’Isola d’Elba

L’Isola d’Elba •

Policroma gemma dell’Arcipelago Toscano

Afrodite, dea della bellezza e dell’amore – per l a mitologia greca, era una signora gentile, disponibile e distratta. La leggenda racconta che una mattina, appena sveglia, chiamata d’urgenza dal padre Zeus, tentò di allacciarsi, con le mani ancora morbide di sonno, l a preziosa collana che le aveva regalato Paride. Ma questa le scivolò dalle dita, cadde dall’Olimpo e — chissà come mai — precipitò alcune centinaia di chilometri lontano dalla Grecia: proprio nel tratto di mare che sta di fronte alla costa toscana, tra Livorno e l’Argentario. Quello era tempo di avvenimenti strabilianti.

Le sette grosse perle si trasformarono all’istante in altrettante isole: Gorgona, Capraia, Pianosa, Montecristo, Giglio, Giannutri e, nel mezzo, circondata dalle altre, l’Elba , la gemma più splendente e, quindi, l’Isola più grande e “maliosa” (come scriveva nell’Ottocento il pittore Telemaco Signorini, che vi trascorreva le vacanze) dell’Arcipelago Toscano.

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L’Elba potrebbe essere paragonata a un fungo disteso oppure, con un po’ d’immaginazione, a una Sicilia in termini ridotti, perché ha l a forma di un triangolo con una superficie globale di 223,52 km^. Tra la Punta Nera, a ovest, e il Capo Ortano, a est, raggiunge la lunghezza di circa 27 km; tra
il Capo Vita , a settentrione, e l a Punta dei Ripalti, a meridione, raggiunge la larghezza massima di circa 18 km. In questo spessore, però, si notano due strozzature che corrispondono, per l a loro evidente origine alluvionale, alle quattro spiagge più belle.

Nella parte centrale dell’Isola, dove la distanza tra i due mari supera di poco i 3 km, si trovano le spiagge di Lacona e di Portoferraio (quell a cosiddetta “delle Ghiaie ” per i bei ciottoli bianchi e levigati). Più a occidente, dove l a distanza tra nord e sud supera di poco i 4 km, si stendono la spiaggia di Marina di Campo, di sabbia finissima e dorata, e quella di Procchio, forse l a più vasta e la più animata con le appendici di Spartaia, della Biòdola e del Forno.

Probabilmente l’Elba faceva parte, insieme con la Sardegna e la Corsica, del favoloso continente della Tirrenide, poi sommerso, e non sarebbe che un frammento riemerso, formato da graniti e scisti, ricchissimo di minerali. Lo provano le coste frastagliatissime dell’Elba, con uno sviluppo complessivo di ii 8 km, la profondità del mare, che raggiunge anche i 20 m a poca distanza dalla riva, e l’aspetto geologico del terreno, che è diverso da quello, poco distante, degli Appennini Toscani.

Chi si avvicina all’Elba con le navi traghetto che salpano da Piombino e da Livorno, e osserva l’Isola da
lontano, ha l’impressione di andare verso un insieme di montagne che sembrano molto più aspre di quanto non siano in realtà. Le cime, infatti, non superano quasi mai i 300- 400 m, con l’eccezione del Monte Capanne (1.018 m) e del Monte Perone (636 m).

Questa prima impressione di asprezza alpina si addolcisce, poi, quando il viaggiatore, sbarcato a Portoferraio o a Porto Azzurro, scopre che le alture sono soltanto colline cariche di vigneti. È la successione dei piani differenti che, visti da lontano, in prospettiva, danno il senso di un insieme di rilievi accidentati.

Hanno un profilo morbido perfino le montagne che si alzano lungo la costa orientale e che sono le più ricche di minerali; tanto da spingere ogni estate centinaia di visitatori a scalpellare con pazienza e tenacia tutte le rocce a portata di mano e di martello in cerca di frammenti per le loro raccolte di pietre dure. Nella parte orientale dell’Isola — dove si trovano i vasti giacimenti ferriferi di Rio Albano, di Vigneria, di Rio Terranera e di Calamita — abbondano l’iridescente ematite, la crisocolla dalle sfumature verde smeraldo, l’ocra opaca e compatta, la malachite — che si fa sempre più rara —, la lucida e sfaccettata pirite, il minerale più richiesto dai collezionisti, l’ilvaite di color bruno opaco con riflessi di cristalli nascosti, il filaccioso amianto, morbido al tatto, il diaspro di un lucido color mattone, la limonite nera e rosa a strati sovrapposti e l’iridescente oligisto che rende abbaglianti sotto il sole le rive del minuscolo Lago Nero, le cui verdi acque opache, ricche di ferro, sono considerate benefiche per l a pelle.

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Nella parte mediana dell’Isola, predominano il porfido quarzifero e l’eurite. La parte occidentale, infine, è quasi interamente formata da un colossale blocco di granito (dalle cave del Seccheto provengono le colonne del Duomo di Pisa e persino le cordonature dei marciapiedi di molte città italiane).

Su montagne, colline e pianure — queste ultime sono soltanto due, quella di S. Giovanni e quella di Mola — si stendeva anticamente un rigoglioso manto di boschi. Lo afferma lo storico Diodoro Siculo. Ma già al tempo di Diodoro era cominciata la distruzione. I Liguri Ilvates e gli Etruschi avevano un continuo bisogno di legna per alimentare le fornaci dove fondevano i l minerale ferroso. E dovevano essere fuochi di notevoli proporzioni, perché i navigatori greci, che vedevano l’Isola dal largo, l’avevano battezzata Aethalia, cioè fiamma. Il fuoco, purtroppo, esplode ancora, ogni tanto — per cause che alcuni ritengono inspiegabili, ma che in realtà sono criminosamente originate dall’uomo —, in luglio e in agosto, distruggendo ogni anno decine di ettari di bosco.

Cosi, da un’ estate all’altra, anno dopo anno, alcune montagne dell’Elba appaiono sempre più aride, sempre più grigie, intristite da cespugli rinsecchiti. Dove, invece, il bosco è riuscito a salvarsi, lo spettacolo è straordinario. Sulle pendici di Marciana, per esempio, il fico d’India e la vigna si confondono con i castagni che scendono fin quasi al mare; sul Monte Perone crescono varie specie di pino; altre pinete, sopravvissute alle dilaganti lottizzazioni, si trovano alle spalle di Marina di Campo, a Capoliveri, sulla penisoletta di Fetovaia — forse il golfo più incantato dell’Isola —, sui fianchi di Capo della Stella. Altrove crescono i lecci, le querce da sughero, i platani, e qualche carrubo.

Notevole è l’opera di rimboschimento condotta dal Corpo Forestale dello Stato che, in vaste superfici, ha opportunamente alternato i pini con le piante tipiche della macchia mediterranea, ancora folta e ricca d essenze, che ricopre le colline di Capoliveri, del Volterraio, di Lacona, di Cavo, della Zanca, di Pomonte e di Chiessi, talvolta spingendosi fino al mare.

Là dove l’uomo non è ancora arrivato a danneggiare la vegetazione spontanea, v i sono le ginestre, che fanno apparire come rivestite d’oro le sponde di molte strade, l a profumatissima lavanda, il rosmarino piccante, il finocchio — ne sono pieni i sentieri che da Capoliveri scendono alla Madonna delle Grazie e i semi maturano proprio al momento della raccolta delle castagne —, i ginepri. Le agavi esotiche, dalle lunghe e durissime foglie spinose, sono state introdotte e talora sono inselvatichite.

L a fortuna di questa straordinaria Isola toscana — una fortuna arrivata all’improvviso nel 1946 con le prime scoperte turistiche —- è dovuta in gran parte proprio alla macchia mediterranea che l a ricopre e che profuma intensamente l’aria. In primavera e in autunno — i due momenti più belli dell’Isola —, svegliarsi al mattino, aprire la finestra e respirare le essenze portate dalla brezza procura sensazioni che si credeva di non poter più provare. Naturalmente, il merito del vertiginoso sviluppo avuto dall’Elba non è tutto della macchia e dei boschi che ricoprono, oggi, appena il ventidue per cento della sua superficie.

Al successo turistico hanno contribuito anche il clima favorevole e l a trasparenza cristallina del mare che la circonda e che risulterebbe uno dei meno inquinati d’Italia, con qualche eccezione, s’intende, nelle acque dei porti e dove il turismo si lascia purtroppo alle spalle mucchi di cartacce e gli immancabili contenitori di plastica.

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Tanti visitatori lascerebbero supporre che l’Isola sia stata trasformata in un ronzante alveare. Invece l’Elba, proprio per l a sua natura montagnosa, per il numero di spiagge che può offrire ai suoi innamorati, riesce quasi a nascondere l’affollamento estivo — a parte il mese d’agosto, quando strade e spiagge rigurgitano di auto, pullman, bagnanti, motoscafi — e a dare l’impressione di essere pressoché disabitata. Lungo la costa meridionale, le strisce di sabbia dello Zuccaie, di Barabarca, dell’Innamorata, della Madonna
delle Grazie, di Cala delle Brache, dello Stagnone hanno ancora un aspetto primitivo.

Tra Porto Azzurro e Rio Marina si è cominciato da poco a valorizzare la costa di Ortano, e, poco più a nord, quella di Capo Vita . Sono spiaggette che, nascoste da terra, si notano meglio dal mare e che, in certi casi, solo dal mare possono essere raggiunte con facilità. È il caso, per esempio, di tutta la costa stupenda, coloratissima e primitiva che si estende tra Bagnala e Cala Mandriola etra la Punta della Zanca e quella di Fetovaia.

L’accenno a un facile accesso marino a queste spiagge ancora incontaminate non deve, però, far sospettare che l’Elba manchi di buone strade panoramiche che consentano di ammirare nel migliore dei modi i paesaggi dell’Isola. Alle strade che già esistevano, infatti, ne sono state aggiunte altre che meriterebbero da sole un viaggio in questa “gemma dell’Arcipelago”.

Vorremmo segnalarne almeno quattro. La prima è quella che collega il Seccheto a S. Andrea lungo la
scogliera occidentale, sino a pochi anni fa percorribile solo a piedi o a dorso di mulo; la seconda è quella che porta da Rio nell’Elba a Magazzini, sfiorando l’impervia acropoli con il castello del Volterraio (394 m); la terza, e più recente, è quella che si stacca dal Golfo di Lacona, si arrampica lungo i tornanti di Monte Tambone (379 m) e scende nella Valle del Filetto, a Marina di Cam-po; l’ultima sale da S. Ilario in Campo fino ai boschi di Monte Perone (636 m) e scende poi al Poggio e a Marciana Marina tra le colline dello Schioppo e dell’Uccellaia: quasi un lungo tuffo dai boschi di castagni verso il blu intenso del Tirreno.

I minerali nell’Isola d’Elba

Le miniere di ferro e d’altri minerali dell’Isola d’Elba sono state sfruttate fin dall’antichità. Questa ricchezza di ferro, però, fu la causa della distruzione quasi totale delle piante d’alto fusto che formavano vaste foreste e che furono utilizzate per far funzionare e alimentare i forni di fusione e di raffinazione. Qui sotto,
vediamo fotografati alcuni dei minerali più diffusi ed economicamente più importanti tra quelli presenti sull’Isola.

Una veduta fiabesca di Capo d’Ènfola situato a occidente di Portoferraio. I fondali. assai profondi in questo tratto, sono ancora di una trasparenza quasi cristallina.

…e ancora da vedere: isole scabre e folte macchie

Calanchi rossi (GR).

L a zona più nota e pittoresca delle Golline metallifere è quella che si stende tra Prata e Boccheggiano. Di là dalle acque del Fiume Merse, si leva una “catena” di collinette dal colore rosso violaceo: si tratta dei grandi ammassi delle scorie minerarie che, esposte ormai da decenni all’azione erosiva delle acque, hanno assunto l’attuale caratteristica forma di calanchi. Quei cocuzzoli, immersi in una natura ri diventata quasi selvaggia, creano un’affascinante impressione di paesaggio surreale [v. foto).

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Golfo di Baratti (LI) .

Piccola insenatura che si trova all’estremità settentrionale del frastagliato promontorio di Piombino. È un angolo incantevole, lambito da un mare limpidissimo. Molto importante sotto i l profilo archeologico: anticamente vi sorgeva la città etrusca di Pojulonia, di cui si può visitare la necropoli {v. foto).

Isola del Giglio (GR).

È una delle isole più pittoresche dell’Arcipelago Toscano, facilmente raggiungibile da Porto S. Stefano con un traghetto. È rivestita da una caratteristica vegetazione mediterranea: pini marittimi e d’Aleppo, e cipressi che formano un quadro di incomparabile bellezza.
Dalla costa, prevalentemente irta’ di scogli, si staccano, solitari sul mare, alcuni faraglioni; il susseguirsi delle rocce è interrotto dalle cale di Arenella e delle Canelle e dalla piccola spiaggia di Campese, veramente incantevole.

Tra le specie faunistiche più interessanti ricordiamo i conigli selvatici, e numerosi volatili sia stanziali sia migratori; nelle acque, a una certa profondità, si trovano cernie, saraghi, pesci spada, cefali, polpi e aragoste.

Isola di Capraia (LI) .

È le terza isola dell’Arcipelago Toscano per grandezza dopo l’Elba e il Giglio: la sua superfìcie è di 19,26 km^ Quest’Isola — di origine vulcanica — possiede un fascino tutto particolare, per i l mare che sembra di cristallo, per le sue rocce aspre e per i l panorama veramente incantevole.
Si presenta come una dorsale compatta che, a ovest, precipita sul mare con numerose grotte e, a est, digrada più dolcemente formando valli in cui scorrono piccoli corsi d’acqua: i “vadi” . Nel centro vi è un laghetto craterico, ove fioriscono le ninfee e sostano uccelli.

Isola di Montecristo (LI) .

A 63 km dall’Argentario e a 40 dall’Isola d’Elba, è l a più lontana delle isole toscane.

Molto aspra e selvaggia, presenta alte coste scoscese e numerosi rilievi. È ricoperta da una folta macchia mediterranea: corbezzoli, eriche e mirti. Presente, pure, un bellissimo bosco di lecci. La fauna è ricca: vi si trovano conigli, capre selvatiche e pare vi nidifichino l’aquila del Bonelli, il falco pescatore e numerose altre specie di uccelli, soprattutto nel periodo della migrazione; abbondanti anche le pernici rosse e le vipere, che non si trovano nelle altre isole dell’Arcipelago.

L’Isola non è aperta al pubblico, in quanto è una Riserva naturale integrale. La si può comunque ammirare costeggiandola con un’imbarcazione e si può anche sbarcare, ma solo sulla spiaggia di Cala Maestra.

Macchia Mediterranea a Follonica (GR).

Inserita nel centro del grande arco naturale di circa 40 km che v a dal Promontorio di Piombino a Punta Ala , la Macchia Mediterranea occupa una superficie di 2.500 ha. Il terreno è formato dai depositi alluvionali del Fiume Cornia e la spiaggia è costituita da un arenile di sabbia finissima, mossa da una serie di collinette chiamate “loppi” , originate da cumuli di scorie ferrose.

L a Macchia è costituita da una flora interessante: cerri, lecci, sughera, corbezzoli, eriche, ginestre e lentischi. Ne l suo interno si stende per 99 ha l a Riserva naturale integrale di Poggio Tre Cancelli. Ricchissima l a fauna, con cinghiali, lepri e varie specie di uccelli migratori.

Poggio Malassarto (LI) .

Situato a 179 m s.l.m., è raggiungibile da S. Vincenzo, percorrendo una carrozzabile che si stacca dalla Via Aurelia e che si addentra in una fìtta macchia di lecci e di querce da sughero. Nel bosco, estremamente suggestivo, sembra aleggiare tuttora lo spirito degli antichi abitanti i cui riti religiosi, connessi alla natura, sono ancora avvolti in un profondo mistero.

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