# Adv

Erboristeria per l’apparato digerente

Piante della salute per l’ apparato digerente

Advertising >>> Entra nella tua erboristeria di fiducia

Cardo santo

Pianta tipicamente di pianura è il cardo santo (Cnicus benedictus), composita non molto frequente nella nostra penisola e presente qua e là in alcune zone dell’Italia boreale, centro-meridionale e nella Sardegna. Il cardo santo è una specie erbacea annua alta fino ad un metro con fusto eretto ed angoloso di colore rossiccio. Le foglie sono coriacee, munite di nervatura bianca reticolata, quelle inferiori brevemente picciolate, pennatifide con lobi e denti terminanti con una spina; quelle caulinari sessili e scorrenti sul fusto, più piccole e ugualmente spinose.

I capolini, che si schiudono sul finire della primavera, sono solitari e circondati da squame involucrali munite di appendici spinose. I fiori, non più di una ventina, hanno corolla giallognola percorsa da nervature violacee. La droga è costituita dalla pianta fiorita senza le parti più grosse dei fusti.

Contiene un glucoside amaro ed inoltre cnicina e benedectina; vi sono pure presenti tannino, grassi, resine, olio essenziale, zuccheri, magnesio, potassio e vitamina B1. Farmacologicamente il cardo santo svolge azione amaro-tonica, diuretica, sudorifera e colagoga. Per aumentare l’appetito riesce efficace questo infuso: 20-30 g di cardo santo in un litro d’acqua bollente per una ventina di minuti; si filtri e se ne prenda una tazza prima dei tre pasti giornalieri.

Agrifoglio

L’agrifoglio (Ilex aquifolium) può presentarsi sotto forma di arbusto o più raramente come alberetto od albero; appartiene alla famiglia delle Aquifoliacee ed allo stato spontaneo nella nostra penisola si trova qua e là nei boschi montani. Ha foglie persistenti, sparse, scarsamente picciolate, coriacee, di color verde lucente, a lamina ovale o ellittica con margine dentato-spinoso negli esemplari giovani, quasi intere in quelli adulti.

I piccoli fiori sono di colore bianco sfumato di rossiccio e riuniti in fascetti ascellari.
Il frutto è una drupa globosa di color rosso vivo con un seme per loggia. La droga è costituita dalle foglie che contengono ilicina, una sostanza colorante, la ilixantina, gli acidi ilicico e caffetannico, gomme, cere e destrosio: svolge azione tonica, diuretica, febbrifuga e sedativa nei casi di coliche. L’infuso si prepara con 30-60 g di foglie fresche o secche in un litro d’acqua; la dose è di 2-3 tazze al giorno.

Calcatreppola

La calcatreppola (Centaurea calcitrapa) è una composita che cresce dal mare all’orizzonte submontano della penisola e delle isole. Si tratta di una pianta alta fino ad un metro, con peluria fioccosa e con foglie pennatifide, le basali riunite a formare una rosetta e picciolate, le caulinari sessili, e con capolini a fiori dalla corolla porporino chiara con involucro dotato di lunghe spine di color giallo.

Tutte le parti della pianta contengono principi attivi che non hanno grande interesse in campo farmaceutico. Tuttavia alle sommità fiorite viene accreditato un discreto valore di amaro-tonico.

Querciola

Teucrium chamaediys, la querciola, è una labiata molto comune nel nostro paese; cresce nei luoghi asciutti ed erbosi fino a circa 1000 metri di altezza. È un suffrutice perenne, alto al massimo una spanna o poco più, con fusti poco ramosi ed ascendenti. Le foglie sono opposte, di color verde scuro e lucide, ovali, doppiamente dentate. I fiori riuniti, in spicastri unilaterali hanno corolla roseo porporina e lunga circa un centimetro.

I principi attivi sono presenti pressoché in tutta la pianta e nelle sommità fiorite: sono dati da un glucoside, da un olio etereo, da una sostanza resinosa, da un principio amaro e da tannino. Esplicano un’azione amaro-tonica, digestiva, stomachica e sudorifera ed i preparati che li contengono trovano impiego soprattutto nei disturbi digestivi, nelle inappetenze, nelle malattie del fegato. 30-60 g di droga in un litro d’acqua nella dose di 3-4 tazze al giorno costituiscono un efficace infuso.

#Centaura_minore

La centaurea minore (Erythraea centaurium) appartiene alla famiglia delle Genzianacee ed è una specie abbastanza diffusa nella nostra penisola nei luoghi erbosi, lungo i bordi dei sentieri, sulle scarpate dal mare alla zona montana. È una pianta erbacea annuale o bienne alta generalmente 20-30 cm, ma anche un po’ di più, con fusto quadrangolare, eretto, ramificato nella parte superiore. Le foglie hanno forma ovale-lanceolata, quelle radicali disposte a rosetta, le caulinari, sessili, disposte lungo il fusto due a due.

Fiorisce da maggio a settembre ed i fiori quasi sessili e di color rosa sono riuniti in mazzetti che costituiscono una falsa ombrella. Della centaurea minore si usano le sommità fiorite e secondariamente l’intera pianta fiorita. Essa contiene glucosidi amari che hanno proprietà toniche, stomachiche, febbrifughe e calmanti. Ottimo aperitivo è il seguente vino che va preso nella dose di un bicchierino prima dei pasti principali: 20 g di sommità fiorite di centaurea, 500 g di marsala, 10 g di corteccia di arancio amaro. Si pesti il tutto e si faccia macerare nel marsala per una settimana; indi si filtri. Ancor più semplicemente si può usare un litro di vino bianco e due manciate di centaurea, lasciando macerare per almeno cinque giorni.

Melissa

La melissa (Melissa offlcinalis) fa parte della famiglia delle Labiate; nella penisola italiana è piuttosto frequente lungo le siepi, nelle scarpate dei fossati, in luoghi prevalentemente ombreggiati dalla pianura al piano montano. È un’erba perenne di 30-80 cm di altezza con foglie opposte, ovali, lungamente picciolate, di color verde chiaro, reticolate e con margini crenati; le foglie superiori hanno lamina sostenuta da piccioli assai brevi.

I fiori sono riuniti a 3-12 in cime ascellari ed hanno corolla, lungo il doppio del calice, giallastra in boccio ed in seguito bianca o carnicina. La pianta fresca, soprattutto se strofinata, emana un grato profumo, simile a quello del limone, onde il nome di cedronella che talora si attribuisce alla melissa. L’erba fiorita oppure le foglie prima della fioritura contengono un olio essenziale piuttosto complesso, tannino, sostanze resinose, cere, un principio amaro ed acido succinico.

Infusi, tisane, sciroppi od altro a base di melissa hanno proprietà antispasmodiche e sedative, nonché digestive, stomachiche e diaforetiche. Per distillazione della pianta fresca si ottiene un’essenza largamente impiegata nell’industria dei liquori e dei profumi. Sono ben note ancora l’”acqua” di melissa, lo “spirito” di melissa dei Carmelitani Scalzi, l’elisir di melissa. Una buona tisana tranquillante prevede 5 g di foglie verdi, 3 g di foglie secche in una tazza d’acqua.

Pepe

Il pepe (Piper nigrum) appartiene alla famiglia delle Piperacee. Originario dell’India e coltivato anche in altri paesi tropicali, il pepe è un arbusto lianoso con tralci che arrivano fino a 10-15 metri di lunghezza. Ha foglie alterne, picciolate, con 2-3 grandi nervature per lato; fiori poco vistosi raccolti in spighe.’

I frutti sono delle piccole drupe. La droga è data appunto dai frutti. In commercio esistono tre qualità di pepe: il “pepe verde” raccolto ancora immaturo e conservato in scatola; il “pepe nero”, raccolto pure immaturo ma essiccato; il “pepe bianco” ottenuto raccogliendo i frutti maturi e facendoli macerare o fermentare e privandoli poi del pericarpo. Il pepe esplica azione stimolante la digestione e viene usato in cucina per aromatizzare vari cibi.

Zafferano

Lo zafferano (Crocus sativus) appartiene alla famiglia delle Iridacee. Probabilmente originario dell’Asia occidentale, è coltivato in alcuni paesi mediterranei (Spagna, Italia, Francia). È una pianta erbacea perenne munita di un bulbo-tubero dal quale spuntano in settembre lunghe foglie strette e scanalate: durante l’estate, infatti, la pianta è in completo riposo.

Alla fioritura, in ottobre, le foglie sono lunghe 4-5 cm ma continuano ad accrescersi durante l’inverno e la primavera successivi. I fiori hanno un perigonio con un tubo lungo e sottile; i tepali, violacei, sono sei; tre gli stami. Lo stilo si divide in tre stimmi e sono appunto stilo e stimmi che costituiscono la droga. Si distinguono i pezzi di stilo con il nome di “femminelle” o “zafferano femmina”, meno pregiati degli stimmi veri e propri caratteristicamente divaricati e allargati a spatola. Contengono un glucoside colorato, la crocina, la picrocrocina, olio essenziale e altre sostanze colorate. Lo zafferano si usa in cucina come stimolante gastrico e aromatizzante.

Nella medicina familiare, come stomachico, si può usare l’infuso (0,20 g per litro d’acqua) da prendersi nella dose di 2-3 tazze al giorno. L’infuso preparato con dosi maggiori (1 g per litro) può servire come sedativo.

Zenzero

Lo zenzero (Zingiber officinale} appartiene alla famiglia delle Zingiberacee. È una pianta erbacea perenne con rizomi e fusti aerei fogliosi o fioriferi. La droga è data dal rizoma. Si può trovare in commercio decorticato (zenzero bianco) oppure non decorticato (zenzero grigio) oppure anche candito.

Contiene olio essenziale composto da zingiberene, basibolene, farnesene, metileptene, cineolo, borneolo e geraniolo, aldeidi, l’alcool zin-giberolo, gingerolo e zingerone, sogarolo, amido, pentosani e pectine. Si usa in cucina e in liquoreria come stimolante e digestivo.

Cannella

La cannella (Cinnamomum zeylanicum) appartiene alla famiglia delle Lauracee. È un alberello di media taglia (8-10 m) e la droga è data dalle cortecce tolte dai rami di piante appositamente coltivate e continuamente potate per favorire l’emissione dei giovani rami.

La droga contiene olio essenziale costituito da aldeide cinnamica, eugenolo, furfurolo, pinene, fellandrene, cimene, altre aldeidi e inoltre tannino, pectine e zuccheri. La cannella esplica azione stimolante della digestione e si usa in cucina, in liquoreria e come correttivo. Entra nella composizione di svariate pozioni stimolanti.

Timo

II timo (Thymus vulgaris) è una labiata suffruticosa a rami striscianti, comune nella nostra penisola nei luoghi collinosi, aridi ed assolati di alcune regioni, quali il Piemonte, la Liguria, la Toscana, l’Umbria e il Lazio; altrove deve considerarsi coltivato o come specie avventizia. Possiede rametti, legnosi, tetragoni, con foglie opposte, lanceceolate poco picciolate, la cui pagina inferiore, piuttosto lanuginosa, è ricca di ghiandole oleifere giallastre.

I fiori sono riuniti in glomeruli, posti all’ascella di brattee fogliformi. simulanti dei verticilli; la corolla è di color roseo pallido, molto raramente bianca, con labbro superiore intero e inferiore trilobo. La droga viene fornita da tutta la pianta dalla quale poi si provvedere a staccare le sommità fiorite e le foglie.

I principi attivi sono dati oltre che da tannino, resine e saponine, da un olio essenziale che ha quali componenti limolo, carvacrolo, borneolo, linaiole, geraniolo, nonché alfa e beta-pinene, canfene e carìofillene.

Il timo si usa in farmacologia come stimolante, aromatico, antisettico, antispasmodico, e in liquoreria. Si prepara un infuso con 20-30 g in un litro d’acqua; 4 tazze al giorno costituiscono la dose massima.

Cren

Nasturtium arinomela, il cren o rafano, è una crocifera coltivata nel nostro paese, ma che talora qua e là si trova inselvatichita perché sfuggita alla coltura. È una pianta erbacea perenne munita di una grossa radice fittonante e di un breve rizoma verticante sovente ramificato.

D’autunno perde le foglie che già durante l’inverno poi emette picccole e pennatopartite; nel corso della primavera produce foglie più grandi di forma oblunga-ellittica, lungamente picciolate e crenate ai margini.

I fiori riuniti in grosse pannocchie sono piccoli e bianchi e sostenuti da un lungo peduncolo. La droga è costituita dalla radice i cui componenti hanno proprietà depurative del sangue, antiscorbutiche e stimolanti la secrezione gastrica, agendo inoltre efficacemente nelle affezioni bronco-polmonari.

Per uso esterno trova applicazione come revulsivo e vescicante. Un buon vino antiscorbutico può prepararsi nel modo seguente: estratto fluido di cren g 70 in 930 g di vino bianco nella dose più o meno di mezzo bicchiere al giorno.

Senape bianca

Alla famiglia delle Crocifere appartiene la senape bianca (Sinapis alba), pianta annuale che cresce qua e là spontanea e talora inselvatichita nei campi, nei luoghi ruderali della penisola e delle isole fino all’orizzonte montano. Pur essendo, come s’è detto, una pianta annuale, i suoi fusti, piuttosto robusti e ramosi, raggiungono spesso 70-80 cm di altezza.

Ha foglie pennato-partite a lobi da sinuato-lobati a dentati e fiori in rateai con 4 petali di color giallo con un’unghia relativamente allungata. I frutti sono costituiti da silique piuttosto grosse, patenti, contenenti ognuna 2-3 semi da sferici a leggermente oblunghi grigio giallastri o rossicci a superficie minutamente rugosa. Farmacologicamente la parte attiva della senape bianca è data dai semi: essi contengono e a mucillagine e ad un olio grasso soprattutto sinalbina (un glucoside) ed un fermento la mirosina.

Quest’ultima in presenza di acqua agisce sulla sinalbina e quale prodotto finale si viene ad avere l’essenza di senape. I semi si usano come stimolanti la secrezione gastrica (salse) e talvolta come lassativi nella dose di un cucchiaio; si ingeriscono interi.

genziane

La genziana maggiore (Gentiana lutea) appartiene alla famiglia delle Genzianacee. una pianta erbacea perenne, propria dei pascoli montani, munita di foglie ovali, pic¬ciolate e connate, di colore verde-glauco, con nervature longitudinali infossate nella ; gina superiore e sporgenti nella inferiore. Solo le piante molto vigorose, quelle di decina d’anni o più, fioriscono, e il fusto fiorifero è alto fino a un metro e poni all’ascella delle foglie numerosi fiori di colore giallo. I frutti sono delle capsule. La droga è data dai rizomi e dalle radici. Attenzione a non confonderla con il veratro, come qualche volta succede con conseguenze letali!

Gentiana asclepiadea, diffusa nei boschi e nelle radure delle Alpi e degli Appennini produce fusti esili e ricadenti ed è una delle cosiddette genziane minori. Produce fiori tubuloso-campanulati di un bel colore azzurro. La radici sono assai lunghe e grosse fino a 5-10 mm. La droga è data appunto dalle radici.

La genzianella (Gentiana acaitlis) è diffusa nei pascoli delle Alpi e dell’Appennino settentrionale. È una pianta erbacea perenne con una rosetta di foglie basali dalla quali si leva un solo fiore a corolla tubuloso-campanulata e di colore azzurro cupo. Se ne distinguono diverse varietà. Della genzianella si usa l’erba intera come amaro, specialmente in liquoreria.

Tutte le genziane (la più pregiata è la lutea) esplicano azione stomachica e stimolante dell’appetito, e anche febbrifuga. Le preparazioni industriali sono numerose ma anche nella medicina familiare si possono usare e adoperare il vino, ottenuto facendo macerare in un litro di buon vino bianco 30 g di radici di genziana maggiore; la polvere, nella dose giornaliera di 1-5 g come tonico e 10-20 come febbrifugo; l’infuso 3 g di droga per tazza d’acqua fredda, da utilizzarsi dopo 3-4 ore di (macerazione) Le genziane vengono anche ampiamente usate in liquoreria.

rabarbaro

Il rabarbaro, o rabarbaro “chinese” (Rheum palmatum) appartiene alla famiglia delle Poligonacee. È una grande pianta erbacea perenne, originaria dei monti del Tibet e della Cina nord-occidentale. È dotata di un robusto rizoma con brevi ramificazioni e di grandi foglie, a picciolo cilindrico e pieno, a grandissima lamina, divise profondamente in 3-5 lobi a loro volta divisi in lacinie. Il fusto fiorifero è alto fino a 2-3 metri.

La droga è data dal rizoma. Meno pregiato del “chinese” è il rabarbaro rapontico, o rapontico. prodotto in Europa da varie altre specie e principalmente da Rheum undulatum, Rheum rhaponticum e i loro ibridi. Questi pure sono grandi erbe perenni, però con picciolo appiattito e lamina intera a margine ondulato. Anche la taglia è minore. Pure di questi si usa il rizoma e, nella cucina di ceni paesi, i piccioli vengono consumati alla stregua degli asparagi. Il rabarbaro esplica azione colagoga e purgativa. È assai usato anche in liquoreria. Le formulazioni industriali sono numerosissime. Nella medicina familiare si può usare l’infuso (5-10 g per litro d’acqua, lasciando in infusione per circa un quarto d’ora) o il vino (un litro di buon vino, bianco o rosso; 60-80 g di rabarbaro: 10-15 g di radice di genziana; 10 g di radice di angelica). Si lascia macerare il tutto per 48 ore e si usa poi nella dose di 15-30 g al giorno come tonico o di 60-120 g come purgativo.

alloro

L’alloro, o lauro (Laurus nobìlis) è un arbusto od alberello appartenente alla famiglia delle Lauracee. Possiede foglie sempreverdi di forma abbastanza variabile ma comunque lanceolata. È una pianta dioica e fiorisce all’inizio della primavera. Gli individui femminili producono i frutti in gran copia: sono drupe nere ovoidali di colore lucentissimo. Si possono usare sia le foglie che i frutti. Esplica azione colagoga e stimolante. È assai adoperato in cucina; nella medicina familiare si può usare l’infuso, preparato con 50 g di foglie per litro d’acqua. Si dolcifica a piacere e se ne prende una tazzina di tanto in tanto come tonico.

aloe

Le Aloè di interesse officinale sono parecchie: Aloè vera, Aloè socotrina, Aloeferox, Aloè abyssinica e altre ancora. Sono caratteristiche piante “grasse” a crassulenza fogliare e appartengono alla famiglia delle Liliacee. Possiedono fusti di altezza variabile sormontati da un ciuffo di foglie a sezione pressoché triangolare, spinose ai bordi, di colore verde e talora picchiettate di macchie di colore porporino.

L’infiorescenza è un racemo eretto, lungo e compatto. La droga è data dal succo che geme dalle foglie recise. Esistono, dell’aloè, numerose preparazioni industriali, ma, per le sue numerose controindicazioni, se ne sconsiglia l’uso familiare.

limone

Il limone (Citrus medica var. limon, o Citrus limonum) appartiene alla famiglia delle Rutacee, sottofamiglia Auranzioidee. È un piccolo albero sempreverde originario dell’India e della Cina. I fiori sono bianchi, talora a petali leggermente venati di rosato e profumatissimi. La parte carnosa del frutto, suddivisa a spicchi (il frutto è una particolare bacca detta specificatamente “esperidio”) è ricchissima di acido citrico e di acido ascorbico (la vitamina C) e viene usata per bevande vitaminiche.

La scorza, il cosiddetto “flavedo”, .contiene soprattutto olio essenziale ricco di limonene, pineni, fellandrene. terpinene, bisabolene, cadinene; numerose aldeidi; alcoli terpenici; cumarine; flavonoidi e numerose altre sostanze. È dotata di svariate proprietà tra cui anche eupeptiche e amaro-aromatiche. A questo scopo si può agevolmente preparare, nella medicina familiare, un infuso ottenuto versando un litro di acqua bollente su un limone tagliato trasversalmente a rondelle. Si dolcifica con miele, si lascia in infusione per qualche tempo e si beve poi a tazze nel corso della giornata.

peperoncino rosso

I peperoncini rossi ci sono forniti da diverse specie del genere Capsicum appartenente alla famiglia delle Solanacee. Si usano i frutti che esplicano azione eupeptica e sono assai usati in cucina in special modo nelle nostre zone meridionali e in taluni paesi stranieri. Industrialmente ne vengono elaborate diverse preparazioni, ma non ci risulta che esistano ricette per la medicina familiare all’infuori dell’uso culinario della polvere o dell’olio ottenuto facendo infondere a caldo i peperoncini tagliati a pezzi.

rosmarino

Alla famiglia delle Labiate, che tante piante aromatiche ci propone, appartiene il rosmarino (Rosmarinus afficinalis), frequente vicino alle arene marine, sulle rupi, nelle macchie e sulle scarpate dell’Italia a clima mediterraneo, mentre altrove è generalmente coltivato e naturalizzato. È un arbusto sempreverde di altezza variabile, assai ramificato, con foglie lineari e profumate.

Assai prolungata nel tempo la fioritura, praticamente dura dall’inverno fino all’autunno inoltrato. I fiori, riuniti in spicastri, hanno calice campanulato a labbro inferiore bifido e superiore a tre denti, e corolla azzurro-pallida a due labbra, quello superiore bilobo, quello inferiore trifido. La droga viene fornita dalle foglie e contiene olio essenziale, dato da più sostanze quali alfa-pinene, canfene, canfora, borneolo ecc., l’alcaloide rosmarina, acido rosmarinico, acido nicotinico, colina, vitamina C e tannino; questi principi attivi svolgono azione aromatica, stomachica, digestiva e nervina, emmenagoga.

Nei casi di inappetenza, debolezza generale, emicrania si può prendere prima dei pasti un bicchiere del seguente infuso: una manciata di rametti fogliati tritati in un litro d’acqua bollente. Dopo 20 minuti si coli e si usi. Il rosmarino esternamente può trovare applicazione come antisettico per curare piaghe e ferite.

boldo

Peumus boldus è il boldo e appartiene alla famiglia delle Monimiacee; si tratta di un arbusto o di un alberello allo al massimo 5-6 metri a foglie perenni, poco picciolate, opposte, di forma ellittica od ovale, ruvide al tatto ed aromatiche. Possiede fiori dioici, riuniti in piccoli corimbi, che compaiono alla fine dell’inverno o in primavera.

In farmacologia vengono sfruttale in modo particolare le virtù colagoghe delle foglie dovute soprattullo alla presenza di un alcaloide, la boldina, e di un glucoside, la boldoglucina. Vi sono contenute inoltre altre sostanze quali un olio essenziale, zucchero, tannino, resine, gomma e mucillagini. Di facile preparazione è un infuso dato da g 10 di foglie in un litro d’acqua bollente; è pronto dopo 4-5 ore e la dose è all’incirca 5 cucchiai prima dei pasti.

carciofo

Il carciofo orticolo, Cynara scolymus, deriva per via colturale da Cynara cardunculus, il carciofo selvatico, composita dell’Europa meridionale, dell’Africa settentrionale, di Madera e delle Canarie, che cresce qua e là nei luoghi erbosi incolli, nei pascoli degradati, lungo i sentieri dell’Italia centrale e soprattutto meridionale.

Il carciofo è una pianta erbacea perenne, alta anche più di un metro, fornita di foglie radicali pennatosette molto lunghe e foglie caulinari più corte. La fioritura di questa specie avviene in estate e gli scapi fioriferi portano capolini, uno o pochi, rivestiti di grandi brattee carnose (costituiscono fondamentalmente la parte alimentare) di color verde scuro o con sfumature violette, talora spinose, inermi.

I fiori di tipo tubuloso hanno una lunga corolla di color azzurro. In farmacologia vengono usale le foglie caulinari; esse costituiscono la droga che contiene la cinarina, un buon numero di enzimi (inulasi, ossidasi, cinarasi, proleasi), mucillagini, pectine, tannino, calcio, potassio, magnesio, un po’ di ferro e manganese ed alcuni acidi organici.

Il carciofo esplica azione colagoga, diuretica, tonico amara, stomachica digestiva, antireumatica ed antiurica. Si preparano vari tipi di estratti ed entra nella composizione di tinture, sciroppi e pillole colagoghe.

#aglio

L’aglio (Allium sativum) è una liliacea esclusivamente coltivata dal livello del mare alla zona montana fino ad una certa altezza. Si tratta di una pianta fortemente aromatica, o meglio, con caratteristico odore d’aglio mollo forte e penetrante, fornita di un bulbo con bulbilli da oblunghi a globosi avvolti da un’unica tunica; ha fusto cilindrico alto anche più di mezzo metro con foglie lineari piane e presenti fin circa alla meta de! fusto stesso.

I fiori a perigonio biancastro sono riuniti in una piccola ombrella, sono poco numerosi e lungamente pedicellati. La droga costiluita dal bulbo contiene quali principi attivi un olio essenziale composto da diversi solfuri e dal glucoside allina che sotto l’azione di un enzima si scinde in levulosio ed essenza di aglio; inoltre vi sono presenti pectina, vilamina A, C, Bi, inulina, glucosio, fruttosio, mucillagine. Per quel che riguarda l’uso esterno l’aglio agisce come rubefacente e vescicatorio; per uso interno esplica un’azione eupeplica, balsamica delle vie respiratorie, ipotensiva, antisettica intestinale ed antielmintica.

salvia

La salvia, Salvia officinale delle Labiate, è spontanea nel nostro paese nei luoghi aridi e sassosi di alcune zone centro-meridionali ed insulari; altrove è coltivata come pianta ortense. È frutescente ed assai ramificala con fusti legnosi in basso ed erbacei superiormente, biancastri per una fitta peluria presente anche altrove.

Le foglie inferiori sono picciolale ed oblungo-lanceolate, le altre sessili da acute ad acuminate, crenulate ai margini, biancastre tomentose e reticolale rugose. I fiori con corolla violacea sono portati in spicastri terminali. La droga, cioè le foglie, contiene un olio essenziale, a complesso, tannino, saponine, glucosio, vitamina B e C, ed una sostanza amara, chiamata “picrosalvina”, resine, mucillagine e tracce d’asparagina. Agisce come antidropico, tonico e stimolante nei casi di dispepsie ed atonie intestinali, antisettico ed astringente. 15-30 g in un litro d’acqua costituiscono un infuso stomachico e tonico: una tazza prima dei pasti.

La salvia sclarea (Salvia sclarea), diffusa allo stato spontaneo nell’Italia settentrionale oltre che in quella centro-meridionale ed insulare, è una pianta perenne erbacea con grandi foglie da ovali ad oblunghe, lungamente picciolate, da arrotondate a cordate alla base. I fiori in verticillastri formanti una rada pannocchia hanno corolla con labbro superiore violaceo ed inferiore biancastro. La droga, ossia le sommità fiorite, contiene sostanze con proprietà e azione analoghe a quelle di Salvia officinalis.

salvia pratense

Non c’è luogo erboso dalla pianura alla media montagna che non ospiti piuttosto abbondantemente la salvia pratense (Salvia pratensis), labiata dai fiori a corolla azzurra od azzurro-violacea. Si tratta di una pianta perenne a fusto eretto od ascendente alto anche tré-quattro spanne con foglie da ovali a oblunghe, rugose, crenate, in parte picciolate, quelle basali e le caulinari, in parte sessili, quelle superiori.

I fiori sono riuniti in verticillastri piuttosto poveri formanti delle spighe. La droga è costituita dalle foglie che contengono elementi con proprietà antisudorifera, amaro-tonica, emmenagoga. Per altre notizie rimandiamo a quanto si espone nella tavola relativa a Salvia officinalis e a Salvia sclarea, piante che contengono press’a poco, ma in maggior misura, gli stessi principi attivi che esplicano azioni analoghe.

canapa acquatica

Molto frequente nei luoghi umidi erbosi e boschivi dal mare al piano montano è la canapa acquatica (Eupatorium cannabinum) appartenente alla famiglia delle Composite. È una pianta perenne pubescente con cauli eretti alti anche più di un metro, striati e ramoso-corimbosi. Le foglie sono opposte, poco picciolate, palmate-lobate a 3-5 segmenti lanceolati, seghettato-dentati.

I fiori sono riuniti in corimbo composto ed i singoli fiori, abbastanza odorosi, hanno corolla roseo-porporina o bianca con lembo 5-dentato. Della canapa acquatica potrebbe essere usata tutta la pianta, anche se la parte migliore è ritenuto il rizoma strisciante assai ramificato. Esso contiene tannino, eupatorina, sostanze resinose, un olio essenziale e inulina. La droga esplica azione purgativa, colagoga ed espettorante, nonché tonica aperitiva, diuretica e diaforetica. Un tempo era abbastanza usato il seguente infuso: 2 cucchiaini da té in 1-2 tazze d’acqua calda da consumare nel corso della giornata.

felce dolce

La felce dolce (Polypodium vulgare) è, come è chiaro, una felce appartenente alla famiglia delle Polipodiacee; è piuttosto comune e s’incontra facilmente su muri, su rupi, ai piedi di vecchi alberi dal mare alla regione montana.

Si tratta di una pianta fornita di un rizoma cespitoso, strisciante e ricoperto di squame. Da questo si innalzano le fronde di 10-30 cm di lunghezza, oblungo-lanceolate, pennato-partite con segmenti lineari lanceolati confluenti alla base. Sulla faccia inferiore di questi sono presenti, in due serie parallele al nervo mediano, grossi sori rotondi di color bruno e mancanti d’indusio.

Della felce dolce viene impiegato il rizoma che contiene polipodina, tannino, sostanze resinose e mucillagine, zucchero, mannite ecc. Agisce da buon colagogo e lassativo, ma nel contempo non sono da trascurare le proprietà espettoranti ed astringenti.

Di buon effetto la seguente tisana: 200 g di acqua, 20 g di felce dolce, 10 g di radice di liquirizia e 5 g di radice di angelica. Si faccia bollire per un quarto d’ora il rizoma di Polypodium, poi si aggiungano le altre droghe e si lasci macerare il tutto per mezza giornata. Si filtri, si dolcifichi e se ne prenda una tazza al mattino a digiuno.

tarassaco

Il tarassaco (Taraxacum officinale) è una delle Composite a maggior diffusione: prati, bordi di vie, scarpate ed incolti dal livello del mare fino alle zone più elevate ospitano in grande quantità questa pianta. Si tratta di specie erbacea perenne. Assai polimorfa, con una rosetta di foglie con una nervatura mediana cava e a margine dentato più o meno accentuatamente.

I fiori di color giallo formano dei capolini solitari e sostenuti da scapi eretti, cavi, privi e più lunghi delle foglie. I principi attivi con nelle foglie e nelle radici, cioè le parti interessanti la farmacologia, sono fondamentalmente l’inulina ed alcune sostanze amare. Il tarassaco viene impiegato come amaro, diuretico, colagogo, come blando purgante.

Di facile preparazione è un succo che esplica efficacemente le sue proprietà diuretiche e colagoghe: si prenda un kg di foglie fresche di tarassaco, si pressino e si raccolga il succo che risulterà circa 700 g. Al mattino, a digiuno, va bevuto nella quantità di mezzo bicchiere.

cicoria

Anche la cicoria (Cichorium intybus) appartiene alla famiglia delle Composite; è presente frequentemente in tutti i luoghi incolti ed erbosi, lungo le strade, sulle scarpate, dal mare alla media montagna. È una pianta erbacea annuale, biennale o perenne, alta da una spanna ad oltre un metro, con fusto ramificato e peloso che si innalza da una rosetta di foglie dalla morfologia estremamente variabile, lanceolato-spatolate, da roncinate a dentate.
Capolini sessili, raggruppati a 3-4 con un involucro di due serie di squame ed una quindicina di fiori azzurri, più raramente rosei o bianchi, con una linguetta a cinque denti lunga un paio di centimetri. La parte maggiormente usata è costituita dalle radici, ma praticamente tutta la pianta, e soprattutto le foglie, possiedono principi attivi quali un glucoside, un olio essenziale, cicoriina, inulina, tannino, pectina, colina, mucillagine e sostanze resinose che esplicano azione amaro tonica, stomachica, diuretica, colagoga, lassativa ed ipoglicemizzante. Viene impiegata nell’atonia gastrica, nei casi di insufficienza biliare, nelle coliche epatiche, nell’ematuria ecc. Per uso esterno, mediante applicazione delle foglie cotte, la cicoria è impiegata per foruncolosi ed ascessi. Con le foglie si può preparare un decotto con proprietà digestive e diuretiche: 2 manciate di foglie bollite per dieci minuti in mezzo litro di latte, da prendere a tazzine nel corso della giornata.

melanzana

La melanzana (Solarium melongena) appartiene alla famiglia delle Solanacee. È una pianta suffruticosa, alta fino ad un metro, annuale, a foglie ispide e talora spinose. Ha fiori violacei pentameri e grandi frutti bacciformi, tondi o allungati, di colore bianco o violetto e noti soprattutto per l’uso alimentare. La droga è data dai frutti. Industrialmente vengono preparati vari tipi di estratto: se ne può usare la tintura (estratto fluido, 20 g; alcool a 20 °C, 80 g) o lo sciroppo (estratto, 50 g; sciroppo, altrettanto) da prendersi a cucchiaiate a scopo coleretico, colagogo, epato-protettivo.

trifoglio fibrino

Il trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata) appartiene alla famiglia delle Genzianacee. È una pianta erbacea perenne, ad habitat palustre, fornita di un lungo rizoma strisciante e di foglie, lungamente picciolate, inserite all’apice del rizoma e suddivise in tre foglioline. Ha fiori con calice a cinque denti e corolla pentamera a cinque petali incurvati verso l’esterno e barbuti per la presenza di numerosi peli. Se ne usano le foglie che contengono rutina, iperina, trifolioside, genzianina, grassi, svariati acidi organici e meniantina.

Le foglie esplicano azione stomachica, colagoga ed epatoprotettiva. Nella medicina familiare si può preparare l’infuso con 15-30 g di foglie per litro d’acqua da bersi nella dose di 2-3 tazze al giorno. Si può usare anche la polvere (2-3 g) o la tintura (10 parti di droga/50 parti di alcool) da usarsi nella dose di 2-3 cc per volta, oppure il vino medicato (30 g di droga per litro; tempo di macerazione, una settimana). Dose: un bicchiere al giorno.

vaniglia

La vaniglia (Vanilla pìanifolia) appartiene alla famiglia delle Orchidacee. È una pianta erbacea perenne, epifita, rampicante per mezzo di radici avventizie, bianche e carnose, con foglie parimenti assai carnose, lucide e glabre. La droga è data dai frutti raccolti ancora immaturi, che si presentano come capsule lunghe e sottili, di colore nero e sono detti “stecche”.

Contengono tre glucosidi: la glucovanillina, l’alcool glucovanillico e un terzo non chiaramente identificato; acido salicilico; p-ossibenzaldeide; resine; pectine; zuccheri e grassi. La vaniglia è dotata di proprietà colagoghe e coleretiche: viene usata come correttivo e soprattutto in pasticceria. Industrialmente ne vengono preparate tinture che possono entrare, con tintura di cannella, tintura di arancio amaro e buon vino, nella composizione di una pozione stomachica e aromatica.

arancio amaro

Citrus aurantium var. -bigaradia, l’arancio amaro o forte, è una rutacea con un buon grado di coltivazione nella nostra penisola (Lazio, Calabria e Sicilia) per le foglie, i fiori e i frutti. Si tratta di un albero alto meno di dieci metri con rami spinosi, foglie verdi, lucide, ovali, assai aromatiche e caratterizzate da un picciolo con ala più o meno sviluppata.

I fiori, dai cinque petali bianchi, sono riuniti a formare piccole cime terminali; i frutti, simili a quelli delle comuni arance, sono forniti di polpa acida ed amara. La foglia di questa pianta viene usata come amaro-tonico ed anche come antispasmodico, mentre i fiori, che vanno raccolti prima che si schiudano, vengono impiegati generalmente come correttivo. Di gran lunga più importante è la scorza dell’arancio amaro, la quale contiene soprattutto un ottimo olio essenziale ad azione tonica eupeptica e stomachica ed assai indicata come correttivo: si usa per aromatizzare preparati medicinali di gusto od odore sgradevole.

angelica

L’angelica (Angelica archangelicà) è un’ombrellifera non troppo comune che cresce nei luoghi ombroso-umidi della zona submontana. È una pianta erbacea perenne a grosso rizoma, alta anche un paio di metri, con fusto striato e ramoso e foglie grandi bi-tri-pennatosette, seghettate irregolarmente. I fiorì, di color bianco verdognolo, sono riuniti in ombrelle composte a 20-30 raggi; i frutti sono acheni oblunghi ed angolosi nel cui interno stanno semi nudi percorsi da tre striature ben evidenti. Dai frutti e dalle radici di angelica si estrae un olio essenziale il cui uso è apprezzato in profumeria, in liquoreria e in cosmetica.

amarena

Al gruppo di forme derivanti da Prunus cerasus appartiene l’amarena che ha frutti drupacei di color rosso pallido fino ad ambrato, appuntiti all’estremità, con polpa dal succo incolore e dal sapore acido. Il succo d’amarena non possiede principi attivi tali da esplicare qualche azione farmacologica ben precisa; per questo motivo il suo uso è limitato là dove possono essere messe in risalto le notevoli proprietà di correttivo, quale edulcorante acidulo aromatico in preparati medicinali sgradevoli.

lampone

Dei boschi montani e subalpini è caratteristico il lampone (Rubus idaeus), un arbusto delle Rosacee che talora viene anche coltivato. Possiede foglie composte da 3-7 foglioline ovate, seghettate al margine, verdi superiormente, da biancastre a tomentose sulla pagina inferiore; i fiori, spesso solitari, hanno corolla a petali bianco-rosa. I frutti, i lamponi, sono formati da numerose drupeole di color rosso più o meno scuro ed hanno sapore e profumo gradevoli. Ricco di vitamina Bi e soprattutto C, oltre a parecchi sali, il succo ricavato dai lamponi è impiegato come edulcorante correttivo dall’industria farmaceutica per modificare il sapore e l’odore di parecchi medicinali.

menta piperita

Appartiene alla famiglia delle Labiate la menta piperita (Mentha piperita), un ibrido probabilmente tra Mentha viridis e Mentha aquatica’, generalmente viene coltivata, tuttavia qualche volta può rinvenirsi inselvatichita. È una pianta perenne con rizoma stolonifero e con fusti annuali verdi o rossastri alti anche più di mezzo metro che portano foglie brevemente picciolate, da ovali lanceolate ad acute, seghettato-dentate e munite di peli e di ghiandole stellate.

I fiori, riuniti in spicastri terminali di forma quasi conica, sono piccoli, quasi regolari e di color rosato o leggermente porporino. Foglie ed erba intera raccolte al tempo della fioritura formano la droga: hanno od’ore assai aromatico e sapore piccante che lascia nella bocca un certo senso di freschezza. Contengono olio essenziale, formato tra l’altro da mentolo e terpeni e poi ancora tannino, sostanze pectiche e resinose, glucosio e ramnosio e ceneri ricche di nitrato di potassio.

La menta piperita possiede proprietà toniche, stimolanti digestive, antispasmodiche e sedative, aromatiche e correttive. Per eccitare l’appetito ed eliminare i bruciori di stomaco può essere preparato un infuso dato da un pizzico di droga in una tazzina d’acqua bollente; servirsene dopo un quarto d’ora, prima dei pasti. Il medesimo infuso, ma dopo i pasti, può riuscire efficace nei casi di digestione difficile, ventosità e diarree croniche.

issopo

Anche l’issopo (Hyssopus officinalis) è una labiata qua e là diffusa nel nostro Paese nei luoghi aridi e sassosi ben soleggiati della zona collinare e submontana, in particolar modo nell’Italia centrale e meridionale.

È una pianta suffruticosa di piccole dimensioni, 20-50 cm, con foglie lanceolate ristrette alla base, sessili o quasi, uninervie, glabre o pubescenti e punteggiato-glandulose sulle due facce. I fiori, riuniti in verticillastri ed orientati tutti verso un lato, hanno corolla di color ceruleo-porporino con labbro superiore breve e bilobo ed inferiore a tre lobi. Le parti usate farmacologicamente sono date dalle foglie e dalle sommità fiorite.

Contengono un glucoside, l’issopina, olio essenziale, tannino, resine, gomma, acido malico, grassi e sali, in modo particolare nitrato di potassio. Tali principi attivi garantiscono all’issopo proprietà correttive, stomachiche, stimolanti, bechiche, espettoranti, diaforetiche e antisudorali. Per inappetenza, raffreddori, affezioni bronchiali, dolori di stomaco, flatulenze possono essere prese 3-4 tazze al giorno di un infuso formato da 20 g di droga in un litro d’acqua.

anice verde

L’anice verde (Pimpinella anisum) è un’ombrellifera annua originaria del Medio Oriente e dell’Egitto, ma ormai largamente coltivata in Europa e nelle Americhe. La parte che interessa la farmacologia è rappresentata dai frutti che devono essere raccolti nel pieno dell’estate e lasciati essiccare al sole. Essi contengono un olio etereo (essenza d’anice), olio grasso, amido, zuccheri. Tali principi esplicano azioni carminative, stomachiche, aromatiche, digestive, sudorifere, emmenagoghe, correttive, espettoranti. Per facilitare la digestione si può consigliare infuso d’anice al 3-4%.

cardamomo

Il cardamomo (Elettaria cardamomum) appartiene alla famiglia delle Zingiberacee ed è una pianta spontanea e coltivata nell’Asia tropicale. La droga è costituita dai frutti nel cui interno sono racchiusi parecchi semi di sapore piccante e di gradevole odore. Contengono olio etereo (olio essenziale di cardamomo) e inoltre zucchero, sostanze grasse, pectine e resine. I preparati che si ricavano hanno azione aromatica, eupeptica, stomachica, stimolante e carminativa, nonché correttiva.

iris

L’autentico iris officinale, o iris di Firenze, ci viene fornito, malgrado qualche possibile confusione dovuta alla nomenclatura scientifica, da ìris pallida e non da Iris fiorentina della quale può rappresentare una varietà. Appartiene alla famiglia delle Iridacee ed è una pianta erbacea perenne coltivata per uso industriale o ornamentale e spesso anche inselvatichita su muri, scarpate, luoghi aridi e rocciosi.

È dotata di un rizoma strisciante, corto e tozzo, che emette molto precocemente, già nel corso dell’inverno, caratteristiche foglie unifacciali e leggermente ricurve come una sciabola. Fiorisce in aprile-maggio ed i fusti fioriferi, alti fino ad un metro, portano da 3 a 6 grandi fiori di un colore azzurro pallido. Alla schiusura dei fiori le brattee che li rivestivano hanno assunto una consistenza “scariosa”, cioè pergamenacea.

Nell’affine Iris germanica, con fiori con tonalità più scure, pure usato a scopo officinale, le brattee mantengono consistenza erbacea. Dell’iris si usano i rizomi decorticati. Oltre che come correttivo e in liquoreria, viene usato anche come espettorante e diuretico. Per questi usi si adopera il decotto ottenuto bollendo 20-100 g di rizoma fresco in un litro d’acqua e somministrandolo poi a piccole dosi. Può anche essere vantaggiosamente associato a liquirizia e anice verde nelle seguenti dosi: iris, come sopra; radice in liquirizia, 25 g; anice verde frutti, 10 g; acqua, un litro.

calamo aromatico

Il calamo aromatico (Acorus calamus) è una pianta erbacea palustre perenne. Appartiene alla famiglia della Aracee. Possiede un rizoma ramificato ed appiattito, munito di numerosissime radici, dal quale si dipartono le foglie “ensiformi” (cioè a forma di spada) e munite di una costola mediana molto bene evidente. Sul fusto, triangolare, viene prodotta in primavera l’infiorescenza a spadice formata da numerosissimi singoli fiori molto poco vistosi.

Si usa il rizoma decorticato. Oltre che come correttivo, il calamo aromatico viene usato in liquoreria come amaro-aromatico. Come tale può essere usato anche familiarmente sotto forma di infuso o di decotto preparato con 10-20 g di rizoma per litro d’acqua. Dose: 3 tazze al giorno. Si può usare anche direttamente la polvere di rizoma (0,50-1 g) o il vino aromatizzato ottenuto facendo macerare 100 g di rizoma in un litro di buon vino bianco. Dose: un bicchiere ogni pasto.

orchidee

Alcuni tuberi di non poche Orchidacee nostrane, una volta seccati dopo immersione in acqua bollente, costituiscono il salep. È questa una specie di fecola contenente in gran parte una sostanza mucillaginosa, amido, zuccheri, proteine, un olio essenziale con tracce di cumarina. Col salep gli occidentali preparavano (oggi quasi non più) decotti ad azione emolliente e calmante particolarmente nelle frequenti diarree infantili, mentre gli orientali, soprattutto turchi, greci e persiani, usano tuttora questa fecola nell’alimentazione: gelati, dolci, bibite rinfrescanti ecc.

Tra le specie italiane particolarmente adatte per ricavare il salep si deve citare in primo luogo Orchis mono, comune nei prati e nei boschi di latifoglie dal piano alla media montagna. Si tratta di un’orchidea a tuberi sferici od ovoidi piuttosto chiari e a fusto relativamente robusto alto al massimo un paio di spanne. Le foglie sono ellittico-spatolate, mentre i fiori, riuniti in una spiga lunga anche una decina di centimetri, sono di colore porporino-violaceo.

Allo stesso genere Orchis appartengono anche altre specie i cui tuberi hanno più o meno gli stessi principi attivi, cosi Orchis mascula, Orchis purpurea ed Orchis tridentata. A generi diversi appartengono invece, per esempio, Gymnadenia conopsea alla quale si attribuiscono proprietà antiepilettiche ed Epipactis latifolia dotata di interessanti proprietà vulnerarie.

rosa di macchia

La rosa di macchia (Rosa cariino) è una rosacea ad ampia diffusione europea, asfatica, mentre per quanto riguarda il continente africano è limitata alla parte boreale. Si tratta di un arbusto alto al massimo 2-3 metri, tipico delle siepi e delle macchie, munito di robusti rami forniti di aculei adunchi e dilatati alla base. Le foglie sono formate da 5-7 foglioline ovali od ellittiche a margini dentati.

I fiori solitari o disposti in corimbo hanno petali di color rosa pallido o biancastri. 1 frutti sono globosi e formati dall’ingrossamento del ricettacolo: si chiamano cinosbati o cinorrodonti, sono di color rosso scarlatto e contengono all’interno acheni con numerosi peli rigidi e pungenti. Hanno sapore acidulo abbastanza gradevole.

olivello spinoso

Areale limitato all’Europa e all’Asia temperata ha l’olivello spinoso (Hippophaè rhamnoides), una eleagnacea presente nella parte centrale e settentrionale della penisola italiana dove cresce abbastanza frequentemente nelle zone alluvionali, sulle scarpate e sui detriti aridi dal piano alla media montagna.

È un arbusto spinescente di 3-4 metri d’altezza con rami intricati e foglie alterne lineari lanceolate, quasi sessili, intere, verdi superiormente ed argentino-rossicce nella pagina inferiore. Ha fiori piccoli pressoché insignificanti e frutti drupiformi (pseudo drupe) di color giallo arancio a maturità costituiti ciascuno dal perianzio accresciuto avvolgente a sua volta il pericarpo membranoso. I frutti della rosa e dell’olivello spinoso contengono una buona percentuale di vitamina C e pertanto sono dotati di proprietà antiscorbutiche.

ribes nero

Ribes nigrum, il ribes nero, della famiglia delle Sassifragacee cresce nei luoghi ombrosi e nei boschi della zona montana; si presenta come un arbusto di un paio di metri di altezza ed è privo di spine. Ha foglie grandi, picciolate, palmato-lobate, a tré-cinque lobi, dentate al margine e pelose nella pagina inferiore, emananti odore aromatico qualora vengano strofinate. I fiori di colore rossiccio sono riuniti in grappoli penduli sui quali in piena estate fanno bella mostra di sé frutti bacciformi neri, polposi, di sapore dolciastro. Le parti della pianta interressanti la farmacologia sono date dalle foglie e dai frutti che hanno proprietà toniche, rinfrescanti, diuretiche e depurative.

tamaro

Siepi, macchie e boscaglie dalla pianura all’orizzonte submontano sono l’habitat preferito dal tamaro, Tamus communis, una dioscoreacea piuttosto frequente in tutta la penisola italiana. Si tratta di una pianta perenne glabra a radice allungata, carnoso-tuberosa, e a fusti erbacei, striati, rossicci, volubili da sinistra a destra. Le foglie sono alterne, picciolate, con lembo cordato acuminato, ma talora trilobo; i fiori, dioici e riuniti in piccoli racemi ascellari, sono assai piccoli e di colore giallo verdastro.

Assai decorativi sono i frutti, bacche rosse di circa un cm di grossezza, nel cui interno sono contenuti 3-6 semi globosi. La droga è costituita dalla radice nella quale oltre tutto si trova un principio attivo appartenente al gruppo delle saponine, che conferisce alla radice stessa proprietà emetiche e purgative (2-4 g di polvere o 2-4 g di estratto fluido sono una buona dose). Valide forse ancor più sono le doti vulnerarie della radice: impacchi formati in parti uguali da estratto fluido ed acqua sono assai efficaci per medicare contusioni che vengono guarite piuttosto celermente.

asaro

Come il più conosciuto genere Aristolochia anche Asarum appartiene alla famiglia delle Aristolochiacee; Asarum europaewn, l’asaro, o baccaro, è specie che cresce sporadicamente nei boschi di faggio e di ontano nelle Alpi e nell’Appennino settentrionale e centrale. Diciamo subito che molti testi di erboristeria o di botanica farmaceutica segnalano marcatamente la velenosità della pianta e quindi si consiglia l’assenso del medico per l’eventuale uso di preparati da essa ricavati.

L’asaro è una pianta erbacea perenne munita di un rizoma strisciante di color bruno, portante rami brevi e sottili, ognuno dei quali ha due foglie lungamente picciolate, coriacee reniformi, con margini e nervature pubescenti, di color verde sulla pagina superiore e verde giallastro in quella inferiore. I piccoli fiori porporini e solitari, che compaiono tra marzo e luglio e sono sostenuti da un breve peduncolo, hanno scarso o nullo valore ornamentale.

L’asaro invece può venir coltivato per il rizoma; non è affatto esigente per quel che riguarda il terreno, purché questo sia posto in luogo non troppo soleggiato. I rizomi ed anche le foglie, che costituiscono la droga, contengono quali principi attivi asarina, olio etereo, resina, tannino ed amido. Tali sostanze ed in modo particolare l’olio essenziale, che ha odore aromatico canforato piuttosto gradevole, hanno proprietà fondamentalmente emetiche ed in dosi ridotte purgative ed espettoranti.

Nulla diciamo sui preparati emetici che sono da usare con estrema prudenza: per combattere la stitichezza ci si può servire dell’infuso ottenuto da 10 foglie fresche in una tazza d’acqua bollente di media grandezza. Tempo d’infusione: una decina di minuti. Contro i catarri bronchiali si può usare l’estratto fluido ottenuto dal rizoma nella dose di 4-10 gocce al giorno.

elleboro nero

L’elleboro nero, o rosa di Natale (Heìleborus niger), appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee. È una pianta erbacea perenne, tipica dei boschi montani, munita di un corto rizoma strisciante dal quale si levano poche foglie, lungamente picciolate, a lamina divisa in 5-9 segmenti, a margine parzialmente seghettato, di colore verde scuro e di consistenza cuoiosa.

Fiorisce nell’inverno, ad esempio proprio nei giorni del Natale, e produce fusti fioriferi alti 10-20 cm che portano 1-2 grandi fiori con perianzio composto da cinque pezzi, bianchi e sfumati all’esterno di rosso. Numerosi sono gli stami e, interposti tra questi e i pezzi perianziali, una serie di nettar! verdi. I frutti sono follicoli.

La droga è data dal rizoma che esplica varie azioni: emetica, revulsiva, starnutatoria. L’elleboro verde (Heìleborus viridis) è pure una pianta erbacea perenne, dei boschi, delle siepi, delle macchie. Le foglie sono rette da un picciolo molto più lungo che in Heìleborus niger; hanno lamina anche più ampia ma molto più frastagliata e meno cuoiosa. Ogni pianta produce, già durante l’inverno e poi all’inizio della primavera, numerosi fusti fioriferi più alti che in Heìleborus niger e a pezzi perianziali di colore verdastro. Gli usi sono più o meno gli stessi dell’elleboro nero.

piè di gallo

Il pie di gallo (Eranthis hiemalis) appartiene esso pure alla famiglia delle Ranuncolacee. È una piccola pianta erbacea perenne che produce i fiori assai precocemente, durante la fine dell’inverno. I fiori, di un bel colore giallo-oro, compaiono prima delle foglie e sono costituiti da 5-8 sepali petaloidi mentre i petali sono, come spesso avviene tra le ranuncolacee, trasformati in nettarii. I frutti sono dei follicoli ed ogni fiore ne produce in numero vario. Le foglie sono palmatosette e spuntano dopo i fiori. Tutto il periodo vegetativo della pianta, comunque, è assai breve. La droga è data anche in questo caso dal rizoma. Esplica le stesse azioni degli ellebori. Di queste piante, per la loro velenosità non diamo, intenzionalmente, nessuna ricetta per la medicina familiare.

assenzio

Artemisìa absinthium, l’assenzio, è un’erbacea perenne delle Composite che vive nei luoghi incolti e ruderali. Alta al massimo press’a poco un metro, ha foglie inferiori picciolate bitripennatosette e superiori più piccole e poco incise.

I fiori, di color giallastro, in capolini quasi sferici, sono riuniti in grandi pannocchie terminali. Le foglie e le sommità fiorite costituiscono la droga: si preparano infusi, tinture e speciali vini con proprietà non solo toniche-stomachiche, digestive e febbrifughe, ma anche antielmintiche ed emmenagoghe.

Dall’assenzio si ricavano pure estratti eterei alcoolici, utilizzati in liquoreria per aromatizzare vini, come il vermouth, e liquori. Nell’Ottocento l’assenzio ha dato il nome a una bevanda alcoolica molto nociva, tristemente famosa.

melograno

Il melograno (Punica granatum) appartiene alla famiglia delle Mirtacee; si tratta di un alberetto o di un arbusto alto al massimo quattro-cinque metri, con fusto eretto a corteccia rossastra in un primo tempo, grigia in seguito. I rami, rigidi e spinosi, portano foglie lanceolate, alterne, opposte fino in fascetti.

I fiori sono in genere solitari, talora riuniti a due-tré, brevemente picciolati, con corolla di color rosso vivo. Il frutto è sferico con pericarpo molto consistente ed è sormontato dal calice a guisa di corona. Internamente è diviso da tramezzi membranosi bianco-giallastri che formano tra loro logge irregolari nelle quali sono inseriti semi poliedrici con parte esterna gelatinosa di color rosso granato e di grato sapore acidulo e con nucleo centrale di consistenza legnosa.

Il melograno è pianta medicinale con proprietà tenifughe ed astringenti. Più o meno ogni sua parte è interessata; un tempo si usava la corteccia del frutto, ma attualmente è consigliabile usare quella del fusto o meglio ancora quella della radice. I principi attivi sono dovuti all’azione di parecchi alcaloidi, tra cui in primo luogo la pelletierina con grandi capacità vermifughe, e a quella dell’acido gallotannico e punicotannico per quel che riguarda la funzione astringente.

Nei casi di verme solitario la dose massima sopportabile per una persona adulta è di 60-70 g di corteccia fresca sotto forma di decotto, infuso o pozione. Poiché il parassita viene soltanto paralizzato, per provocarne l’espulsione è necessario ricorrere a distanza di un’ora dall’uso del medicamento ad un buon purgante.

melograno

La corallina.(Corallina officinalis) è un’alga rossa alta di solito 4-5 cm di color rosa pallido e Fòrtemente impregnata di calcare; generalmente è fissata alla base per mezzo di un disco. Possiede fronde erette formate da articoli che emettono in modo irregolare rami e rametti opposti.

Fino agli ultimi anni del XVIII secolo quest’alga era conosciuti in farmacologia per le sue proprietà vermifughe, mentre attualmente è sostituita da un miscuglio di una quarantina di alghe appartenenti perlopiù ai generi Fonia, Geìidium, Grateloupia che forniscono le stesse sostanze ad azione antielmintica. La droga della corallina è costituita da una gelatina che contiene bromo, jodio, qualche traccia di arsenico e pentosano.

chenopodio antielmintico

Principi antielmintici contiene anche Chenopodium ambrosioides var. anthelminticum, il chenopodio antielmintico, pianta erbacea annua delle zone incolte e ruderali, alta da 30 a 50 cm con fiori in glomeruli a spighe che nell’insieme formano una pannocchia. La droga è data dalle sommità fiorite.

felce maschio

Diyopteris fìlix-mas, la felce maschio, è una felce appartenente alla famiglia delle Polipodiacee; vive nei boschi ombrosi ed umidi nella zona submontana e montana. Si tratta di una pianta perenne con rizoma piuttosto breve, voluminoso, strisciante o eretto, coperto da basi fogliari brune e nere lucenti e da squame bruno-dorate e munito anche di un buon numero di radici filiformi brune e nere.

Le foglie (fronde) sono erette, picciolate, lunghe anche più di mezzo metro, doppiamente pennato-partite con piccoli lobi secondari ovali denticolati e forniti alla base di un grosso dente. Nella pagina inferiore dei lobi superiori lungo la nervatura mediana si vedono in due serie parallele i sori, ricoperti da un indusio, che contengono spore piccole ed ovoidi. Della felce maschio viene usato il rizoma che contiene acido filicico, chiamato anche filicina, acido flavaspidico, albaspidina, aspinidolo, fìlmarone e ancora zucchero, olio etereo, olio grasso, cera, una sostanza colorante verde, resine ecc.

Tali principi esplicano azione antielmintica e in particolare tenifuga. Per eliminare il verme solitario sono sufficienti da 5 a 15 g di polvere di rizoma con miele e a stomaco vuoto. Dopo un paio d’ore dev’essere preso un energico purgante. Allo stesso scopo e forse con migliori risultati si possono ingerire 2-5 g di estratto etereo e successivamente un buon purgante a base di gialappa o senna.

santolina

Santolina chamaecyparissus, la santolina, è una composita che vive nei luoghi aridi e sassosi di pianura e della collina dell’Italia centro-meridionale. È una pianta legnosa alla base, cioè un piccolo arbusto, dall’odore sgradevole, molto ramificata e al massimo poco più alta di mezzo metro. Le foglie lunghe da 2 a 3 cm e carnosette sono formate da segmenti pressoché lineari e disposti in 4 serie.

I fiori, di color giallo e tutti tubulosi, sono riuniti in capolini terminali solitari. In medicina vengono usate le sommità fiorite ed i semi che contengono un alcaloide amaro, resine ed un olio essenziale a composizione complessa. La droga agisce come antielmintico, ma il suo uso attualmente risulta sorpassato.

partenio

Caratteristico di muri, macerie e rupi dal piano basale alla media montagna, non molto frequente allo stato spontaneo, ma spesso coltivato e talvolta inselvatichito, è il partenio (Chtysanthemum parthenium), una composita perenne a fusti eretti, alta da una spanna o poco più fino a 70-80 cm. È molto aromatica, ha foglie picciolate e molli, pennatosette a 3-6 paia di segmenti.

I capolini, di un paio di centimetri di diametro al massimo, sono molto numerosi e nel loro assieme costituiscono ampi corimbi. Il partenio è un discreto emmenagogo e un buon antispasmodico nelle mestruazioni dolorose; inoltre con i suoi fiori si può preparare un decotto da usare sotto forma di impacchi per curare contusioni ed ulcerazioni della pelle.

gelso nero

Il gelso nero (Morus nigra) appartiene alla famiglia delle Moracee. È un albero di discreta taglia, un tempo frequentemente coltivato per l’alimentazione del baco da seta, e spesso modificato nel suo portamento dalla pratica della capitozzatura. Porta foglie ruvide. I frutti, le “more”, sono caratteristiche infruttescenze. Le foglie sono dotate di proprietà ipoglicemizzanti e astringenti: i frutti vengono usati anche nella medicina familiare e popolare sotto forma di sciroppo, come lassativi e regolatori intestinali.

carrubo

Il carrubo (Ceratonia siliqua) appartiene, in senso lato, alla famiglia delle Leguminose. È un albero di taglia discreta, a chioma globosa, a fusto rugoso e contorto, munito di foglie sempre composte, paripennate, con 2-5 paia di foglioline, di colore verde cupo ed assai coriacee. I fiori vengono prodotti anche sui grossi rami e persino sul tronco (caulifloria).

I frutti sono grossi legumi, indeiescenti, di colore bruno a maturità e contenenti numerosi semi. Il carrube è originario dell’Europa sud-orientale e dell’Asia minore ed è estesamente coltivato nell’Italia meridionale ed insulare. Nella medicina popolare e familiare si può usare – come lassativo – il decotto dei frutti, grossolanamente frantumati (40-50 grammi per litro d’acqua) mentre la farina dei semi è ottima quale antidiarroico (ed addensante di pappe liquide) nella dieta dei lattanti.

frassino da manna

La manna è fornita soprattutto dal frassino da manna, o orniello (Fraxinus ornus), appartenente alla famiglia delle Oleacee. L’orniello è un albero di discreta taglia (fino a 10 m) con foglie imparipennate a 2-4 paia di foglioline generalmente piuttosto tondeggianti. Fiorisce, producendo grosse infiorescenze di fiori bianchi assai minuti, in primavera. Il frutto è una samara lunga un paio di cm e larga mezzo e viene facilmente diffuso dal vento.

La droga, la “manna”, è data dal liquido che geme da incisioni appositamente praticate su giovani piante. Sì usa, come tale, come purgante e regolatore intestinale e soprattutto (cosa adattissima per i bambini) se ne usa il principale componente, la mannite, che può essere somministrata sciolta nel latte zuccherato.

verbasco

Delle varie specie che possono essere indicate sotto questo nome volgare la principale è Verbascum thapsus. Appartiene alla famiglia delle Scrofulariacee. È una pianta erbacea biennale di grossa taglia che può raggiungere alla fioritura anche il metro e mezzo ed oltre di altezza. Dalla rosetta fogliare, a grandi foglie vellutate, di colore biancastro, si leva il fusto fiorifero che porta in cima una grande spiga.

I fiori, di un bel colore giallo oro, sono pentameri, a petali arrotondati, tutti saldati assieme, e cadono con grande facilità scuotendo la pianta. Del verbasco si usano sia le foglie che i fiori. Tempo balsamico: l’ estate. Vanno poi essiccati con rapidità affinchè non perdano il colore. Sono dotati di proprietà emollienti e possono essere variamente usati. L’infuso di fiori (50 g per litro) filtrato accuratamente dopo un’ora di macerazione, o l’infuso di foglie, giovano per la cura di infiammazioni intestinali e anche come emollienti e pettorali in caso di catarro bronchiale. Il decotto può essere usato nella cura di diarree con coliche dolorose come clistere.

I fiori freschi pestati servono anche come cataplasmi in caso di punture di insetti e l’olio, ottenuto facendo macerare per una settimana una pane di fiori e due di olio e riducendo poi il volume a fuoco molto blando, costituisce un unguento ottimo per lenire infiammazioni emorroidarie e geloni.

lino

Il lino (Linum usitatissimum) appartiene alla famiglia delle Linacee. Si usano i semi che si trovano facilmente in commercio. Per il loro elevato contenuto in mucillagini si usano come emollienti generali sia per uso interno che esterno. Ingeriti interi, ovviamente previa macerazione in acqua, i semi costituiscono un ottimo e blando regolatore intestinale atto a risolvere fastidiose forme di stitichezza. Si può usare anche l’infuso (40 g dì semi per litro d’acqua) da bersi a bicchieri.

Adatto per lenire stati infiammatori intestinali è il decotto: sì fanno bollire 30 g di semi per litro d’acqua per un quarto d’ora; si cola e si usa come clistere emolliente e rinfrescante. Per uso esterno si prepara un impiastro a caldo, impastando farina di semi di lino e acqua calda in parti eguali e eventualmente facendo riscaldare a fuoco lento per ottenere una consistenza più pa¬stosa. Questo impiastro si usa per risolvere stati infiammatori e per portare a maturazione foruncoli e ascessi.

tamarindo

Il tamarindo (Tamarindus indica) è un albero dì origine esotica. Appartiene alla famiglia delle Leguminose. Si usa la polpa dei frutti che si trova in commercio sotto forma di masse discoidali inglobanti frammenti del baccello e semi. A piccole dosi è dotato di proprietà generali rinfrescanti e viene usato per gradevoli bibite. Come lassativo va somministrato alla dose di 40-50 g di polpa e va preso di mattina a digiuno.

tormentilla

La tormentilla (Potentina tormentata) è una delle numerose Rosacee dei luoghi erboswi e boschivi umidi dall’orizzonte submontano a quello cacuminale. Si tratta di una pianta erbacea perenne, munita di grosso rizoma, dal quale si dipartono numerosi fusti gracili, prostrato ascendenti, molti fogliosi e ricoperti, come il resto della pianta, di una peluria appressata. Le foglie radicali sono lungamente picciolate e già seccate nel periodo della fioritura, quelle caulinari poco o per niente picciolate, tutte formate da tre foglioline (di rado in numero maggiore) obovato-lanceolate e dentate.

I fiori sostenuti da esili peduncoli hanno corolla giallo-dorata con petali poco più lunghi dei sepali. Della tormetilla in farmacologia viene usato il rizoma i cui componenti principali sono la tormentìllina, un glucoside cristallino con forte percentuale di tannino, ed inoltre resina, acido chinonico, acido ellagìco, ossalato di calcio ed amido. La presenza di sostanze tanniche fanno della tormentilla una pianta largamente usata per le sue spiccate proprietà antidiarroiche ed antidissenteriche.

corniolo

II corniolo (Cornus mas) è una delle poche specie appartenenti alla famiglia delle Cornacee; nel nostro paese cresce nei luoghi selvatici prevalentemente sassosi dal piano basale all’orizzonte submontano ed è piuttosto frequente. Si tratta di un arbusto o di un alberello di 3-6 metri di altezza, a sviluppo piuttosto lento, con tronco generalmente contorto di colore grigio bruniccio; ha rami verdastri, di colore rossastro nella parte esposta al sole, con foglie opposte, ovali, un po’ pubescenti nella pagina inferiore e presenti sulla pianta all’inizio della primavera.

I fiori che compaiono ancor prima delle foglie sono riuniti in ombrellone semplici ad elementi gialli; i frutti, della grossezza di un’oliva e rossi, maturano nel pieno dell’estate. La corteccia e i frutti hanno proprietà astringenti oltreché toniche e febbrifughe. Analoghi principi sono presenti anche in Cornus sanguinea, la sanguinella, specie che se non è in fiore (bianco) a stento si distingue dalla precedente.

erba fragolina

Con il nome di erba fragolina si designa Sanicula europaea, un’ombrellifera caratteristica delle zone ombrose montane dell’Italia e tipica, tra l’altro, del sottobosco della faggeta. È una pianta erbacea perenne con breve rizoma orizzontale e fusto eretto semplice o poco ramoso alto 2-3 spanne al massimo. Le foglie sono lucide, quelle basali picciolate da cordaio-reniformi a palmate-partite, quelle caulinari ridotte e quasi sessili.

I fiori riuniti in ombrelle hanno petali di colore variabile dal bianco al rossiccio. Rizoma e foglie costituiscono la droga: contengono sostanze tanniche e grasse, una saponina, una resina, un principio amaro e poco olio etereo, che conferiscono loro proprietà astringenti e vulnerarie. Come leggero astringente si prepara un infuso con 2 cucchiaini di droga in una tazza, nella dose di 3 al giorno.

corbezzolo

Il corbezzolo (Arbutus unedo) appartiene alla famiglia delle Ericacee. È un grosso arbusto a corteccia rossastra, dotato di foglie obovate o lanceolate di un bel colore verde lucente. Fiorisce in autunno e produce piccoli fiori bianchicci a corolla caratteristica-mente “orceolata”. I frutti sono delle bacche, di colore rosso vivo e a superficie granulosa e tubercolata, di sapore dolce e astringente.

Le foglie esercitano azione astringente e, inoltre, diuretica ed antisettica urinaria. Nella medicina familiare si può usarne il decotto (30 g di foglie per litro d’acqua) da prendersi a 2-3 tazze al giorno, o la polvere (2-3 g prò die). Anche la conserva dei frutti è dotata di proprietà astringenti.

galle di quercia

Le “galle” sono curiose formazioni provocate dalla puntura di insetti imenotteri del genere Cynips sulle querce. Contengono tannino e sono dotate di proprietà astringenti ma vengono usate, in pratica, quasi esclusivamente nell’industria.

salvastrella

La salvastrella, o pimpinella, o bibinella (Poterium sanguisorba, o Sanguisorba minar) appartiene alla famiglia delle Rosacee. È una pianta erbacea perenne munita di un corto rizoma e con foglie, disposte a rosetta, pennatosette, a 5-10 coppie di segmenti a margine dentellato. I fusti fioriferi sono alti da 20 a 50 cm e sono sormontati da capolini ovoidali. La droga è data dalle foglie o dall’erba intera.

Si usano nella medicina popolare come astringenti sotto forma di infuso, a caldo (un cucchiaino di droga per tazza d’acqua; due volte al giorno) o previa macerazione a freddo (stesse dosi) o sotto forma di alcolaturo: 40 gocce, 4 volte al giorno, in infuso di cedrina. Le giovani foglie, dotate di grato sapore, possono essere consumate in insalata in primavera.

ortica bianca

L’ortica bianca, o lamio bianco (Lamium album), appartiene alla famiglia delle Labiate. È una pianta erbacea perenne diffusa nel nostro paese nei luoghi erbosi umidi e freschi della Valle Padana. Produce fusti aerei annuali quadrangolari alti 20-30 cm con foglie decussate, seghettate ai bordi, con denti grandi ed irregolari che richiamano, vagamente, quella delle ortiche (donde il nome volgare).

Fiorisce in primavera e produce infiorescenze terminali (spicastri) con numerosi fiori a corolla labiata, bianca. Gode soprattutto di proprietà astringenti, intestinali e generali, e viene quindi usata non solo in casi di diarrea o altri disturbi consimili dell’apparato digerente, ma anche come diuretico, nelle affezioni ginecologiche e, per uso esterno, come vulnerario e risolutivo in casi di scottature, varici, ulcerazioni. Può essere usata sotto forma di infuso (10-20 g di sommità fiorite per litro d’acqua) da prendersi nella dose di 2-3 tazze al giorno. Per uso esterno (impacchi, cataplasmi, lavande vaginali) si prepara un infuso più carico (50-60 grammi/litro).

salcerella

La salcerella, o salicaria (Lythrum salicaria), appartiene alla famiglia delle Litracee. È una pianta erbacea perenne tipica dei luoghi umidi o palustri. I fusti aerei, annuali, raggiungono facilmente l’altezza di un paio di metri. Ha foglie sessili e lanceolate, a base cordata, leggermente pelose. Ogni fusto termina con una grossa infiorescenza formata da numerosi fascetti di 5-8 fiori di colore rosso. Se ne usano le sommità fiorite, dotate di proprietà astringenti generali ed emostatiche.

Se ne usa l’infuso preparato con 40-50 g di droga secca per litro d’acqua da consumarsi in 2-3 giorni. Si può usare anche la polvere nella dose di 4-5 g al giorno, o uno sciroppo da preparare procedendo nel seguente modo. Si facciano infondere in acqua calda, per 24 ore, 150 g di sommità fiorite. Si uniscano poi l’infuso e un litro di sciroppo di zucchero ben cotto. Si riduca convenientemente il volume fino a raggiungere una consistenza sciropposa. Dose: 50-100 grammi al giorno. Per uso esterno (contusioni, abrasioni) si può usare un cataplasma di foglie triturate.

cocomero asinino

Il cocomero asinino, o elaterio (Ecballium elaterium), è una cucurbitacea tipica dei luoghi incolti, delle macerie, dei detriti in genere e nella nostra penisola è più frequente nella parte centro-meridionale che in quella settentrionale. Si tratta di una pianta rampicante caratterizzata da una grossa radice carnosa, da fusti striscianti privi di cirri e con foglie larghe, picciolate, di color verdastro.

I fiori sono giallastri e monoici, quelli maschili racemosi, quelli femminili solitari, portati da lunghi peduncoli. Il frutto è una bacca ovoidale di un bel verde quando è immatura e leggermente giallastra a maturità. La droga si ricava dai frutti immaturi: essa prende il nome di elaterio ed è costituita dal sedimento del succo. Contiene principalmente elaterina e inoltre amido, fitosterolo, acidi grassi. È un energetico purgante e per questo va somministrato con molta oculatezza a milligrammi, da 3 a 6 per volta con un massimo di 16 mg al giorno.

robbia

La robbia (Rubia tincloruni) è una rubiacea diffusa nell’Asia occidentale e nell’Europa meridionale. È una pianta perenne erbacea, a rizoma strisciante, con numerosi frutti, con foglie lanceolato-acute in verticilli e con piccoli fiori a corolla gialla. Le parti farmacologicamente attive sono rappresentate dal rizoma e dalle radici, che contengono principi di natura glucosidica e hanno fondamentalmente proprietà purgative e in secondo luogo diuretiche e astringenti. Può essere ad esempio preparata una decozione della radice al 3%.

spino cervino

Lo spino cervino (Rhamnus cathartica), appartenente alla famiglia delle Ramnacee, è un arbusto, più raramente alberello, spinoso di 1-5 metri d’allezza. Ha foglie pressoché opposte, di forma ovale, leggermente appuntita alla sommita, a margine minutamente dentato, a cinque-selle nervature ben evidenti e di color verde cupo. Fiorisce tra aprile e giugno ed i fiori riuniti in fascetti sono giallastri o verdastri.

I frutti sono drupe sferiche dapprima verdastre, quindi a maturità, in autunno, violaceo-nerastre o nerastre. Nella nostra penisola è presente nei boschi e lungo le siepi della pianura e della collina. Le parti usate in medicina sono costituite dalle bacche che vengono adoperate meglio se fresche, ma anche secche.

Contengono ramnocalarlina, ramnelina, quercilina, zuccheri, acidi, resine, pedine. Esercitano un’azione drastica purgativa ed i loro preparati vengono impiegati nelle malattie epatiche, nella golia e nelle malattie cutanee. Allo stato fresco le bacche vanno ingerite con parsimonia: 25-30 provocano nell’adulto un’efficace azione purgativa, un numero maggiore procura diarrea associata a vomito e nausea. Nella stitichezza è sufficiente la dose di 25-30 g di succo in acqua zuccherata, ottenuto schiacciando bacche fresche. Se si desidera un blando purgante è efficace un decollo ottenuto con 15-20 bacche.

frangola

La frangola (Rhamnus frangula) è un arbusto o alberello che raggiunge al massimo 4-5 metri d’allezza e appartiene alla famiglia delle Ramnacee. Possiede foglie alterne, brevemente picciolate, dalla forma ellittica, ottusa fino ad acuminala. Fiorisce in primavera e i fiori riuniti in piccoli fascetti ascellari hanno cinque sepali e altreltanti petali biancastri; il frutto è una piccola drupa di color rosso porpora in un primo tempo, in seguito nera a maturità, grossa come un pisello e contenente tre semi gialli.

La frangola nel nostro paese cresce nei boschi freschi dal piano basale alla media montagna. La droga è costituita dalla corteccia del fusto e dei rami. Essa racchiude quali principi attivi: frangulina, acido crisofanico, glucofrangulina, pseudofrangulina ed ancora, tra l’altro, ramnotossina che tende a scomparire con l’invecchiamento o l’essiccamento.

Per questo motivo la corteccia viene raccolta e quindi lasciata ad invecchiare per un anno oppure viene fatta essiccare più o meno a lungo a seconda della temperatura usata. In medicina la frangola viene impiegata sotto forma di estratto fluido o secco come purgante blando che non da assuefazione: è ottimo nei casi di stipsi cronica perché capace di regolare la peristalsi intestinale.

Come purgante è indicata la dose di 30-100 gocce di estratto fluido in acqua aromatizzata; quale lassativo per i bambini si propone la dose: 5 g di estratto fluido, 25 g di sciroppo di senna, 50 g di sciroppo d’arancia nella posologia di 1-2 cucchiaini la sera prima di coricarsi.

vilucchione

Nel gruppo delle piante con proprietà purgative dev’essere incluso Convolvulus sepium, il vilucchione, detto anche campanella, convolvulacea tanto comune lungo le siepi, nelle boscaglie fino all’orizzonte submontano. È una pianta perenne con rizoma lungamente strisciante e con fusti volubili di qualche metro di lunghezza. Ha foglie picciolate, cordato-astate fino a subrotonde, acuminate o mucronate.

I fiori sono solitari, bianchi o rosati, con corolla imbutiforme. La droga è presente in modo particolare nelle radici, anche se tutta la pianta è abbastanza ricca di principi attivi; l’azione farmacologica è dovuta ad una resina che ha proprietà purgative e colagoghe. Infuso purgativo: 10 g di foglie fresche in una tazza d’acqua bollente.

fitolacca

La fitolacca od uva turca (Phytolacca decandra), della famiglia delle Fitolaccacee, è una pianta americana, ma ormai naturalizzata un po’ dovunque; nel nostro paese, soprattutto nella Pianura Padana, è abbastanza frequente nei luoghi incolti erbosi, lungo i bordi dei sentieri, sulle scarpate ecc. È una specie erbacea perenne con radice a fittone grossa, ma con fusti annuali, sovente di color rosso vino, alti anche più di un paio di metri.

Le foglie, alterne e lanceolato-ovali, sono glabre e piuttosto molli. I fiori, che compaiono da luglio ad ottobre e sono riuniti in racemi semplici, hanno perianzio biancastro a cinque lobi. Il frutto è una bacca succosa di color violaceo contenente semi reniformi e nero-lucenti. La parte generalmente usata è costituita dalla radice che va raccolta in inverno: contiene un paio di saponine, amido, gomme, emicellulose e ceneri assai ricche di nitrato di potassio.

Tali principi attivi svolgono azione vomitivo-purgativa, depurativa e perfino dimagrante. Facile è la preparazione di questo decotto nei casi di stitichezza: 1 g di polvere di radice in una tazza d’acqua.

ricino

Il ricino (Ricinus communis) appartiene alla famiglia delle Euforbiacee ed è originario dell’Asia tropicale; nella nostra penisola si trova per lo più coltivato, anche se talora si può rinvenire inselvatichito. Si tratta di una pianta annuale (perenne nelle zone meridionali ed insulari) che raggiunge i 2-3 metri di altezza, munita di radice fittonosa e bianca; le foglie sono alterne, lungamente picciolate, palmate-lobate con lobi dentati e palminervie, carnosette, sovente di un bel color rosso bruno. I fiori si presentano in grappoli terminali o ascellari e sono monoici, quelli maschili, gialli, occupano la parte inferiore dell’infiorescenza, mentre quelli femminili, rossi, la parte più elevata.

Nel frutto, che è una capsula a tre logge, sono contenuti i semi, di forma ovale, lisci, con un’estremità rigonfiata e divisa in due lobi da un solco longitudinale; hanno colore assai variabile, ma con un fondo bruno, nero, rosso, sul quale si notano macchie e linee più chiare. La parte usata è costituita dai semi che devono venir raccolti ben maturi in settembre. Essi contengono un olio grasso, formato per lo più da ricinoleina, ed inoltre da acido ricinoleico, zuccheri, gomme oltre alla ricina che è una tossina albuminoide.

Per pressione a freddo dai semi si estrae l’olio purgativo che non contiene la citata ricina perché rimane sul pannello. L’olio di ricino è dotato di proprietà emollienti purgative non irritanti, particolarmente adatte nei casi di stitichezza. 20-50 g è la dose variabile per adulto, 2-8 g quella per bambini.

aristolochie

Il genere Aristolochia comprende oltre trecento specie diffuse nelle zone temperate e calde di entrambi gli emisferi. Vi appartengono forme perenni munite di apparato radicale rizomatoso o tuberoso; hanno foglie alterne di tipo semplice, cordate alla base, talora tri o bilobate. I fiori sono piuttosto grandi, irregolari, solitari o in fascetti, formati da calice corallino di forma allungata e da corti stami in numero di sei.

Alcune specie esotiche nelle nostre zone sono coltivate come piante orticole per la loro bellezza, altre sono spontanee nella flora italiana e tra queste ricordiamo Aristolochia clematitis e Aristolochia rotunda che posseggono proprietà farmacologiche del tutto simili. Dalla radice si preparava un tempo un infuso ed una tintura che agivano come drastico purgante e svolgevano azione emmenagoga, procurando anche, naturalmente in determinate circostanze, perfino l’aborto.

brionia

Biyonia dioica, la brionia o vite bianca, è tra le più piccole cucurbitacee. Ha fusti piuttosto gracili, ramosi, muniti di cirri posti accanto ai piccioli fogliari, ma non ascellari, semplici e varianti più volte la direzione delle spire. Le foglie sono alterne e lobate, munite di peluria e ruvide al tatto. La pianta come indicato nel suo aggettivo specifico è dioica, vale a dire che porta fiori maschili e femminili contemporaneamente, ma in sedi diverse.

Entrambi sono biancastri, quelli maschili riuniti in grappoli forniti di peduncoli della lunghezza più o meno di quella delle foglie, quelli femminili sempre in grappoli ma con peduncolo assai breve e dotati ciascuno di un grosso ovario infero. La radice della brionia, assai voluminosa, possiede azione purgativa drastica assai notevole dovuta a principi attivi di particolare efficacia: ricordiamo la brionina e la briogenina. La brionia racchiude in sé anche proprietà diuretiche ed antistaminiche.

Non vengono riportate percentuali e metodi per preparare infusi, tinture od altro trattandosi di sostanze altamente tossiche e che pertanto vanno somministrate con somma cautela; inoltre il loro uso attualmente è di gran lunga ridotto rispetto ad un passato abbastanza recente.

evonimo

Usati pure come purganti sono la corteccia e gli strani frutti dell’evonimo (Evonymus europaeus), arbusto della famiglia delle Celastracee, abbastanza frequente lungo le siepi e nei boschi dell’Italia peninsulare ed insulare. Possiede foglie da oblunghe a lanceolate, seghettate e fiori tetrameri, riuniti in cime ascellari, di color giallo verdastro e frutti coriacei depressi nel mezzo e a 4-5 lobi salienti. L’azione purgativa drastica è dovuta in modo particolare all’evonimina, un glucoside capace di aumentare la peristalsi intestinale e di favorire la secrezione biliare.

#Adv #Adv
error: Content is protected !!